Lo stallo sul governo produce molti effetti collaterali: tra questi c’è l’attesa esasperata di chi considera la riforma dell’ordinamento penitenziario un minimo passo verso la legalità costituzionale, non uno svuotacarceri. Anche per questo si carica di senso politico forte sia l’astensione dalle udienze domani e dopo domani, sia la manifestazione nazionale indetta per giovedì 3 maggio dall’Unione Camere penali per il “Sì alla riforma penitenziaria” rimasta in sospeso e, appunto, “per ripristinare la legalità nelle carceri”. Evento che si svolge con il patrocinio del Consiglio nazionale forense e che è organizzato insieme con la Camera penale di Roma: appuntamento dalle 9.30 alla “Residenza di Ripetta”, nel centro storico della Capitale, e scaletta che prevede innanzitutto gli interventi di che si è mobilitato in rappresentanza e a fianco dell’avvocatura. Dal vertice dei penalisti di Roma Cesare Placanica alla dirigente del Partito radicale Rita Bernardini e al presidente di Antigone Patrizio Gonnella. Da uno degli studiosi che si è più attivamente impegnato per spiegare la necessità e l’utilità delle modifiche previste, il professore di Diritto penale dell’università di Palermo Giovanni Fiandaca, ad alti rappresentanti delle istituzioni quali il presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, il vertice dell’Autorità garante dei detenuti Mauro Palma. In prima linea, con il direttore del Dubbio Piero Sansonetti, i rappresentanti della professione forense, divenuti ormai principali attori della mobilitazione: il presidente del Cnf Andrea Mascherin, il responsabile dell’Osservatorio carcere dell’Ucpi Riccardo Polidoro e naturalmente il numero uno delle Camere penali italiane Beniamino Migliucci, a cui spetterà trarre le conclusioni. Con l’iniziativa di dopodomani i penalisti e l’intera avvocatura intendono esprimere, come si legge in una nota della stessa Ucpi, «il forte dissenso nei confronti di una politica che calpesta i diritti fondamentali dei detenuti, negando i principi propri della Costituzione e dei trattati internazionali da tempo sottoscritti dall’Italia».