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Un detenuto muore dopo lo sciopero della fame in un carcere Paola in Calabria, nel frattempo a rischio vita un altro e sempre a causa del digiuno protratto da tempo nel penitenziario di Rossano Calabro. A denunciare l’ultimo caso è Emilio Quintieri dei Radicali italiani. Si tratta di Victor Pereshacko, ingegnere Informatico ed Imprenditore nel settore pubblicitario, ex paracadutista dell’Armata Rossa, Forza Armata della Federazione Russa, in espiazione della pena dell’ergastolo per un duplice omicidio commesso – insieme ad un altro connazionale – in Sardegna nel 2005. Quintieri spiega che il detenuto russo aveva accettato di essere trasferito nel suo Paese per scontare la pena residua, ma sono passati 4 anni da allora e ancora la procedura di trasferimento non è stata portata a termine. Per questo motivo ha iniziato lo sciopero della fame. Il militante dei Radicali italiani, da sempre in visita presso le carceri, soprattutto calabresi, per verificare le condizioni dei detenuti, spiega che era andato a trovare Pereshacko il 23 giungo scorso nel carcere di Rossano per pre- garlo di interrompere lo sciopero della fame. «Era molto debilitato – spiega Quintieri -, a malapena riuscì a raccontarmi un po’ la sua vicenda dicendomi “grazie per il suo interessamento, ci penserò se smettere lo sciopero”».
In realtà però non ha smesso. Quintieri lo ha appreso direttamente da lui, tramite una sua lettera. Gli ha scritto testuali parole: «Ho perso più di 20 chili di peso e come sto potete immaginare. Molti cercano di convincermi di smettere. E perché? Per far tornare il tutto come prima? Qualche anno fa, nel Carcere di San Gimignano, ho avuto il piacere di incontrare Marco Pannella. Ho conosciuto quest’uomo e sempre avuto rispetto per la sua lotta per i diritti civili. Ora però tocca a me, il mio diritto che è stabilito dalle leggi internazionali, è violato e di brutto. La procedura di estradizione dura da anni, io sono sempre qui e non si muove niente. Non ho intenzione di smettere lo sciopero della fame finché non mi venga riconosciuto il diritto ad essere estradato nel mio Paese».
Quintieri spiega che negli Istituti penitenziari della Calabria ( come nel resto d’Italia) vi sono altri detenuti stranieri con decreto di espulsione emesso dal magistrato di Sorveglianza che non viene eseguito e tanti altri ancora che vorrebbero essere trasferiti nei loro paesi per espiare la loro pena ed a cui, per svariati motivi, tale diritto viene negato. L’attivista dei Radicali italiani spera che lo Stato italiano definisca al più presto la procedura di trasferimento, soprattutto per evitare che ci scappi ancora un altro morto a causa dello sciopero della fame. Così come accadde, esattamente una settimana fa, al 75enne Gabriele Milito, il ragioniere originario di Sapri accusato di aver ucciso la moglie Antonietta Ciancio mentre dormiva lo scorso 29 aprile, con un colpo di pistola sparato alla nuca. È stato quindi arrestato e in seguito ha avuto accesso agli arresti domiciliari in attesa di essere giudicato. La prima volta è uscito dalla casa ed è andato alla caserma dei carabinieri che lo hanno raccompagnato a casa. La seconda volta è uscito nuovamente, i carabinieri l’hanno visto e riportato in carcere per aver violato la misura cautelare. Siamo al 20 maggio, e nei giorni successivi ha cominciato a rifiutare il cibo. Dopo diversi malori viene ricoverato in ospedale, il pomeriggio del due agosto muore.