Alcune sentenze della Cassazione non considerano corrispondenza le chat sulla famosa app, ma nessuna ha finora analizzato il tema delle guarentigie costituzionali

GIOVANNI M. JACOBAZZI

«La Consulta sarà chiamata a pronunciarsi sulla violazione o meno dell’articolo 68 della Costituzione in caso di utilizzo di queste conversazioni: le precedenti pronunce della Cassazione non hanno affrontato questo aspetto importante». A dirlo è Luca Varrone, già assistente di studio della Corte Costituzionale ed ora giudice a piazza Cavour. La “corrispondenza” non è soltanto quella con la busta di carta, il francobollo in alto a destra e l'indirizzo scritto a penna, aveva affermato la scorsa settimana l’Aula del Senato, sollevando il conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale circa l’operato dei pm di Firenze che stanno indagando sulla Fondazione Open di Matteo Renzi con l'accusa di finanziamento illecito. L’ex premier, come si ricorderà, aveva ritenuto che i magistrati avessero violato le proprie prerogative parlamentari inserendo nel fascicolo dei messaggi WhatsApp scambiati con un imprenditore e acquisiti dopo il sequestro del cellulare di quest’ultimo, insieme anche a delle mail e ad alcuni estratti conto.

«Appare utile rilevare che negli ultimi anni il concetto di ' corrispondenza' ha subito un'evoluzione ' tecnologica': a quella nel tradizionale formato cartaceo si sono aggiunte forme di corrispondenza di tipo elettronico, quali ad esempio mail, sms, messaggi WhatsApp, ed altro», aveva affermato la senatrice di Forza Italia Fiammetta Modena, relatrice della proposta. Per avvalorare la tesi, la senatrice azzurra si era soffermata sulla “segretezza”, il principale criterio distintivo della corrispondenza. Per quella cartacea, la segretezza è garantita «dalla chiusura in una busta del testo scritto», per quella elettronica, «dalla visibilità esclusiva della stessa da parte del destinatario, ad esempio attraverso l'utilizzo del cellulare».

Tornando ai messaggi Whatsapp, «salvo il destinatario, a meno che un terzo non si appropri del suo cellulare, nessuno può visionarli», così come nessuno può visionare una corrispondenza cartacea destinata a terzi, «a meno che non apra la busta». Ed è poi sicuramente assimilabile alla corrispondenza anche l'estratto conto inviato dalla banca a Renzi, connotandosi «come corrispondenza intercorsa tra la banca ed il cliente». A maggior ragione, la connotazione di segretezza, propria dei messaggi WhatsApp, è ancora più accentuata per le mail intercorse tra Marco Carrai e Renzi. «La mail presuppone infatti un account e l'inserimento della password per leggere la posta, assimilabile in toto all'apertura della busta di una lettera cartacea”, proseguiva la senatrice, ricordando che “la posta elettronica è ontologicamente assimilabile alla posta cartacea, sia sul piano ' nominalistico', chiamandosi appunto ' posta', che su quello sostanziale». Per tali ragioni, i pm avrebbero dovuto chiedere “ex ante” l’autorizzazione al Senato e non dopo aver effettuato i sequestri.

Per ciò che concerne il sequestro di corrispondenza, la legge numero 140 del 2003 presuppone un potere autorizzatorio ' preventivo' da parte della Camera competente, che dovrà essere attivato dall'Autorità giudiziaria con una richiesta di autorizzazione all'effettuazione del sequestro. È quindi «illegittimo il sequestro senza una preventiva autorizzazione del Senato», concludeva la senatrice Modena, ricordando che la lesione delle guarentigie del parlamentare «sussiste a prescindere dall'utilizzo o meno di tale mezzo di prova nei confronti di Renzi».

La tesi del Senato pareva però stridere con alcune sentenze della Cassazione, secondo cui «i dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono - sms, messaggi WhatsApp, messaggi di posta elettronica ' scaricati' e/ o conservati nella memoria dell’apparecchio - hanno natura di documenti e pertanto l'attività di acquisizione non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche». A esempio, per i messaggi WhatsApp e sms rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro non è applicabile la disciplina dettata dall'articolo 254 cpp, in quanto tali testi non rientrerebbero nel concetto di ' corrispondenza', la cui nozione implica «un'attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito». Una idea, va detto, ottocentesca del modo di comunicare fra le persone. Le sentenze in questione, come detto, non riguardavano però un parlamentare, oggetto di un livello di tutela della segretezza nelle conversazioni in qualsiasi forma non paragonabile a quello del comune cittadino.