Il governo Meloni aumenta fino a 18 mesi la detenzione amministrativa dei migranti presso i Centri di Permanenza per il Rimpatrio ( Cpr). Un vero e proprio ritorno al passato, un ritorno a un lungo periodo di detenzione in strutture che, a differenza del carcere, sono luoghi e contesti molto meno ' tutelati'. Non esiste, infatti, un ordinamento che dettagliatamente ne regoli la quotidianità e le tutele, né una Magistratura chiamata a vigilare con continuità su ciò che accade al loro interno e destinata a ricevere reclami su singoli aspetti del suo svolgersi. La società civile fatica ad accedere, così come il mondo dei media.

È importante ricordare che i migranti sono, di fatto, detenuti. Tuttavia, non hanno commesso alcun reato, ma solo una violazione amministrativa per il fatto di essere entrati o di soggiornare nel territorio italiano in maniera irregolare. Eppure, sembra che la caratteristica di eccezionalità della detenzione amministrativa delle persone migranti si stia perdendo in questi tempi, e la privazione della libertà sembra sempre più diventare il principale mezzo per giungere all'allontanamento forzato delle persone straniere. Non è più uno strumento straordinario, ma la regola, tanto da ampliarne i tempi di applicazione della misura.

I Cpr rappresentano una realtà che ha preso forma in maniera informale fin dal lontano 1995. Nel corso degli anni successivi, la pratica dei Cpr è stata progressivamente normalizzata, portando a significative variazioni nella durata massima della detenzione. Inizialmente, questa era limitata a soli 30 giorni, ma nel 2002, con l'entrata in vigore della legge Bossi- Fini, il periodo di detenzione è stato esteso a 60 giorni, aprendo la strada a nuove discussioni sull'efficacia e sulla giustizia di questa politica.

Una delle trasformazioni più significative si è verificata con il decreto-legge 89/ 2011, quando la detenzione nei Cpr è stata portata a un massimo di 18 mesi. Questo cambiamento ha sollevato domande sulla conformità alle norme internazionali in materia di diritti umani. La situazione è rimasta fluida nel tempo, con ulteriori cambiamenti legali che hanno segnato la storia dei Cpr. Nel 2013, una direttiva europea ha stabilito una riduzione significativa del periodo di detenzione, portandolo a soli 3 mesi.

Questo cambiamento è stato accolto da molte organizzazioni per i diritti umani, ma è stato poi nuovamente ampliato con l'entrata in vigore del decreto sicurezza nel 2018, portando la detenzione fino a 180 giorni. Un'ulteriore evoluzione è stata introdotta dal decreto 130/ 2020, promosso dall'allora ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese. Questo decreto ha ridotto nuovamente il periodo di detenzione nei Cpr a 90 giorni, ma ha anche previsto la possibilità di estenderlo fino a un massimo di 120 giorni in casi particolari. Ora, però, si ritorna indietro. In un attimo, tutto viene azzerato.