Confermato il trend di ripresa del sovraffollamento e della crescita del contagio da Covid 19 nelle carceri. Secondo i dati del Dap aggiornati al 30 settembre, il tasso del sovraffollamento è del 107,3%, considerando i 50.570 posti letto conteggiati. Ma se si scalano i circa 3000 posti non agibili, il sovraffollamento effettivo è del 115%. A fine febbraio 2020 i detenuti (nelle 190 strutture carcerarie italiane) erano 61.230 a fronte di una capienza regolamentare di 50.931 posti con un affollamento superiore al 119,4%. Con il Decreto “Cura Italia” (8 marzo 2020) sono entrate in funzione norme provvisorie per contenere il contagio e per ridurre l’affollamento. Agendo sui detenuti colpiti da pene definitive e grazie all’utilizzo domiciliari e all’allungamento dei permessi dovuti dall’azione dei magistrati di sorveglianza, i numeri si sono sensibilmente ridotti e, a fine aprile, le persone detenute erano scese a 53.904. A fine luglio erano 53.619 con un tasso di affollamento del 106,1%. Poi però c’è stata una battuta d’arresto. Con la fine apparente dell’emergenza, il decreto cura Italia non è stato rinnovato, in più si è aggiunto il falso scandalo delle “scarcerazioni” e il governo ha ceduto all’indignazione veicolata dai mass media. La politica quindi ha scelto di assecondare l’opinione pubblica fuorviata dalla cattiva informazione e ha perso una buona occasione per riportare il tasso di affollamento delle strutture carcerarie a un livello accettabile, ma soprattutto a quel livello che permetterebbe ai penitenziari di affrontare la seconda ondata della pandemia. Sono 36 le madri detenute con 39 figli al seguito Non solo. Cresce anche il numero dei bambini dietro le sbarre. Al 31 luglio, le madri detenute con figli al seguito erano 31 (33 bambini in totale) di cui 15 straniere e 16 italiane e risiedono (con particolari attenzioni all’interno del carcere) o negli Icam (Istituti a Custodia attenuata per Madri). Al 30 settembre, invece, risultano 36 detenute madri con 39 figli al seguito.

Aumentano i contagi in carcere

Ma come siamo messi con i contagi in carcere? Basterebbe fare un paragone. I primi casi di contagio in carcere si sono registrati verso la metà di marzo, per poi arrivare a maggio con 119 detenuti positivi al virus, mentre si contavano 162 contagi tra il personale. Ora, con l’inizio della seconda ondata, i contagi si stanno propagando con lo stesso identico ritmo. All’inizio del mese scorso solo poche decine, ma secondo l’ultimo report giornaliero di lunedì scorso, siamo giunti a 50 detenuti contagiati e 77 persone appartenente al personale penitenziario. Per la prima volta il virus è entrato anche nel carcere di Parma. Addirittura, secondo il garante locale Roberto Cavalieri, si sarebbe potuto evitare. «Dopo 7 mesi di resistenza al Covid – spiega il Garante - nel carcere di Parma si registrano i primi 3 casi», e denuncia che «si tratta di detenuti trasferiti da Pesaro ed è da capire come mai non sono stato fatti i tamponi alla partenza o non si sono attesi i risultati. Il Dap dovrebbe avere il buon senso di dire qualcosa!». In effetti i detenuti devono essere sottoposti ai tamponi prima di partire per la nuova destinazione. Da ricordare ciò che accadde durante la prima ondata. Molti detenuti provenienti dal carcere di Bologna che hanno raggiunto diverse carceri, erano poi risultati positivi al coronavirus. Resta il dato oggettivo che se oggi ci sono 8000 detenuti in più, molti possono essere raggiunti da misure alternative per poter alleggerire i penitenziari e lasciare spazio agli eventuali reclusi positivi al covid. Oppure, per muoversi, bisogna attendere l’ennesima emergenza? Oggi non si possono avere scuse, perché non parliamo più di un evento che coglie tutti di sorpresa.