Adesso viene il difficile. Bisogna riabituarsi all’idea che il “mostro” è fuori. Non libero, ma non più dietro le sbarre. Ieri, dopo oltre due anni consecutivi di custodia cautelare in carcere, Nicola Cosentino ha ottenuto gli arresti domiciliari. Glieli ha concessi il collegio “B” del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, davanti al quale è in corso il dibattimento di uno dei quattro processi che vedono imputato l’ex sottosegretario. Si tratta precisamente del filone per il quale Cosentino risponde di estorsione e illecita concorrenza, con l’aggravante della finalità mafiosa, per il presunto monopolio esercitato dalle aziende di famiglia, titolari di diversi impianti di distribuzione nel Casertano.Quello arrivato ieri era l’ultimo sì necessario affinché l’ex coordinatore campano di Forza Italia potesse lasciare il penitenziario di Terni dov’era detenuto. Prima di quello arrivato ieri dai magistrati sammaritani, avevano dato il via libera ai domiciliari altri due collegi del stesso Tribunale e uno di Napoli Nord. Finora la risposta positiva del singolo ufficio alla richiesta di scarcerazione era stata sempre insufficiente: come nel più claustrofobico dei videogiochi, mancava sempre la chiave di qualche altro cancello.Cosentino dovrà scontare i domiciliari fuori dalla Campania, come prescritto. Almeno un passo al di là del suo ex regno, dunque: in un appartamento a Venafro, in provincia di Isernia, domicilio distante pochi chilometri dal confine con la provincia di Caserta.Nel procedimento in questione, all’ex sottosegretario all’Economia vengono contestate l’estorsione aggravata e l’illecita concorrenza insieme con i suoi fratelli, Giovanni e Antonio, e con altri 11 coimputati, tra i quali Pasquale e Antonio Zagaria, fratelli di Michele, boss di uno dei clan casalesi più importanti. L’accusa della Procura di Napoli punta al presunto sistema di pressione nei confronti di amministratori e funzionari pubblici locali con cui i Cosentino avrebbero costretto il Comune di Casal di Principe e la Regione Campania a «impedire o rallentare» l’apertura di altre pompe di benzina nella zona.Ieri è scattata la procedura della “traduzione”, che provvede al trasferimento di Cosentino dal penitenziario di Terni all’appartamento di Venafro. «Tenuto conto che la dimora dev’essere al di fuori della Campania, quello di Venafro è il domicilio dov’era più ragionevole che l’imputato scontasse la misura», dice Stefano Montone, difensore di Cosentino insieme con Agostino De Caro. «A Venafro, dove è stato appositamente preso in affitto un appartamento, potranno spostarsi i figli, che studiano all’Università di Napoli, e la moglie che lavora a Trentola, in provincia di Caserta». Da Venafro sarà inoltre possibile per l’ex sottosegretario muoversi per partecipare alle udienze dei suoi tre processi in corso a Santa Maria e di quello che si celebra al Tribunale di Napoli Nord. Considerato che per nessuno dei quattro procedimenti era arrivata la sentenza di primo grado, la prolungata carcerazione di Cosentino era diventata un record: durava dal 3 aprile 2014. Intervallo a cui vanno aggiunti i 6 mesi di custodia cautelare che l’ex leader forzista aveva scontato, tra carcere e domiciliari, dal marzo al novembre 2013. Oltre 30 mesi complessivi di galera senza una sentenza. Eppure si può dare per scontato che il dissolversi dell’icona di Cosentino in prigione farà vibrare di sdegno il sistema mediatico. E che, nel pieno dell’intesa tra Pd e verdiniani, spingerà a rappresentare l’ex deputato casertano come redivivo regista occulto di tutto, campagna referendaria inclusa.