La Corte d’appello di Perugia ha assolto Pietro Paolo Melis, ritenuto dall’accusa la “mente” del sequestro di Vanna Licheri, rapita il 14 maggio 1995 e morta durante la prigionia. L’uomo, che era stato condannato a 30 anni di carcere, torna quindi libero, dopo averne trascorsi 19 in cella. La sentenza, clamorosa, è arrivata al termine del processo di revisione. Il collegio ha riaperto il procedimento accogliendo un’istanza dei difensori, gli avvocati Alessandro Ricci e Maria Antonietta Salis. A presiederlo Giancarlo Massei, magistrato noto per essere stato il presidente della Corte d’assise che a dicembre del 2010 condannò in primo grado Amanda Knox e Raffaele Sollecito, rispettivamente a 26 e 25 anni di carcere, per l’omicidio di Meredith Kercher. I legali di Melis avevano messo in discussione una perizia fonica che all’epoca riconobbe la voce dell’imputato in un’intercettazione ambientale. «La più grande soddisfazione. Difficile in questo momento di forte emozione dire di più. Un risultato che appaga pienamente gli sforzi profusi per l’affermazione dell’innocenza di un uomo detenuto da 19 anni», il commento di Ricci e Salis. Alla luce di nuove tecnologie, in uso alle forze dell’ordine, i legali hanno fatto esaminare le due conversazioni che furono registrate dalle microspie della polizia nell’auto dell’allevatore di Loculi, Giovanni Gaddone, nel corso delle indagini per il rapimento dell’imprenditrice agricola di Abbasanta, vicino Oristano. Nei dialoghi, rigorosamente in sardo, si affrontavano questioni logistiche relative alla gestione del sequestro tra il proprietario del veicolo, poi condannato, e un altro uomo, indicato in Melis nel corso della lunga storia processuale. Ma la consulenza di parte di Luciano Romito, docente dell’Università della Calabria, ha stabilito che «l’inflessione dell’interlocutore di Gaddone non è tipica di Mamoiada», quindi non può essere di Melis, originario appunto della provincia di Nuoro. Dopo il rimpallo della Corte d’appello di Roma e della Cassazione sull’istanza difensiva, i giudici di Perugia hanno riaperto una porzione del dibattimento, che non è entrato nel merito di tutta la vicenda, nel corso di un’udienza alla quale ha partecipato lo stesso imputato, fin qui detenuto nel carcere di Orvieto. Le sue istanze sono state quindi accolte. Troppo tardi: nessuno potrà restituirgli questi interminabili 19 anni. Mentre il vero mandante del sequestro di Vanna Licheri resta al momento sconosciuto.