Volete un esempio di errore giudiziario, di quelli clamorosi? Può raccontarvelo Giorgio Magliocca, presidente della provincia di Caserta e oggi candidato alle Europee per Forza Italia. «L’ho vissuto sulla mia pelle: quasi 11 mesi di detenzione cautelare, in gran parte in carcere, per un’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Assolto in primo grado e assolto anche in appello, con la formula “perché il fatto non sussiste”. Ho ottenuto un risarcimento per ingiusta detenzione da 90mila euro. E nessuno può comprendere, meglio del sottoscritto, Silvio Berlusconi quando dice che dopo essere stato ingiustamente cacciato dalle istituzioni vuole tornarci in virtù del consenso popolare».

Magliocca, avvocato di professione con un passato da componente dello staff dell’allora sindaco di Roma Alemanno, ha imparato a liberarsi anche del rancore. Oltre ad essere rieletto sindaco del suo comune, Pignataro Maggiore, e appunto presidente della Provincia, ha incassato le scuse di molti che avevano giocato al tiro al bersaglio dopo il suo arresto nel 2011. Persino Roberto Saviano ha ammesso l’errore.

Ma non è stato Magliocca a cercare, nella candidatura a Strasburgo, un ulteriore risarcimento. «Quello credo di averlo già ampiamente ottenuto», dice, «sia sul piano strettamente giudiziario che dal punto di vista politico». E in effetti, «dopo essere stato accusato da un pentito di aver incontrato un boss alla vigilia delle Comunali del 2006, quando mi sono ripresentato per la carica di primo cittadino nel 2016, cinque anni dopo l’arresto, con la fascia tricolore ho ottenuto anche il risarcimento morale che era legittimo pretendere».

Poi l’ulteriore onore della elezione al vertice della Provincia nel 2017. Cosicché al riconoscimento popolare si è aggiunto anche quello del sistema politico. «Non ho sentito certo il bisogno di sollecitare la candidatura alle Europee come ulteriore riscontro, ma tengo a contribuire all'affermazione di Berlusconi, in una tornata elettorale che riveste uno straordinario significato anche rispetto alla sua vicenda giudiziaria».

Ma non è che la storia personale di Magliocca sia a sua volta poco significativa, seppure sotto la specie di un’accusa per concorso esterno in un comune campano relativamente piccolo. Anzi, il caso del sindaco- avvocato resta clamoroso. Venne arrestato e processato perché un pentito del clan Ligato, cosca satellite dei Casalesi, offrì ai pm della Dda di Napoli una storiella tanto fantasiosa quanto suggestiva: il colloquio riservato e fatale fra Magliocca e il boss della zona, pochi giorni prima delle Comunali di maggio 2006.

Ci volle quasi un anno, ed è questo forse l’aspetto ancora più grave della vicenda, per accertare che quel malavitoso, all’epoca del presunto incontro a cena, era detenuto al 41 bis. Una storia al limite dell’incredibile. Altrettanto sorprendente fu la scelta di proporre ricorso in appello da parte uno solo dei quattro pm che fino al dibattimento in primo grado avevano sostenuto l’accusa. Nel secondo grado di giudizio venne di nuovo giù il teorema. Sono arrivati così non solo l’assoluzione definitiva nel 2014, ma anche i 90mila euro di risarcimento della Stato. «Non è irrilevante neppure questo, perché alcune sentenze della Cassazione hanno precluso il riconoscimento del ristoro per ingiusta detenzione in quei casi in cui il magistrato abbia comunque potuto essere ingannato dagli indizi. Nel mio caso, nel caso della mia innocenza, non c’erano dubbi».

Dietro l’errore della magistratura antimafia partenopea pare ci sia stato anche l’eccesso di “coinvolgimento emotivo” di uno dei poliziotti che condussero materialmente le indagini: un antiberlusconiano convinto, che prima lasciava sui social frasi del tipo «meglio un figlio morto che elettore di Forza Italia» e poi costruiva i rapporti ai quali i pm diedero ascolto. Alcuni parlamentari del Pd, i prima linea Pina Picierno, fecero delle accuse infondate a Magliocca una battaglia personale. Tutti, lei compresa, si scusarono.

«Tuttora gli avvisi di garanzia vengono spacciati mediaticamente per accertamenti di colpevolezza», riflette il candidato di Fi alle Europee. «Non ci si rende conto che a volte la magistratura deve notificartelo semplicemente in base alla denuncia di un tuo oppositore politico. Io posso dire di aver avuto giustizia, ma battersi perché la giustizia si affermi è un impegno che non si può mai dismettere. Ecco perché, quando mi è stato proposto, alla fine ho trovato giusto essere al fianco di Berlusconi in una sfida che non è solo elettorale».