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È in evoluzione l’edilizia penitenziaria? È la domanda posta in un capitolo, a firma di Alice Franchina, del quindicesimo rapporto di Antigone dal titolo ' Il carcere secondo la Costituzione' presentato mercoledì a Roma. Nella relazione, a proposito della costruzione di nuove carceri, un cavallo di battaglia del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, si mette a nudo la realtà attuale dello stato di manutenzione delle nostre carceri. Dall’osservazione di Antigone degli ultimi anni, infatti, si possono notare alcune caratteristiche che restano, nei grandi numeri, essenzialmente invariate.
Anche nel 2018 in 4 istituti che Antigone ha visitato c’erano celle con il wc a vista, in un ambiente separato, in più della metà delle carceri visitate c’erano celle senza doccia e in più di un terzo c’erano celle senza acqua calda.
Il riscaldamento non c’è o non funziona ovunque nel 7% delle carceri. Il governo ha recentemente convertito in legge il Decreto Semplificazioni dove contiene un articolo specifico sull’edilizia penitenziari.
L’articolo è il 7, il quale dispone che, ferme restando le competenze del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti in termini di strutture carcerarie, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria concorra attivamente alle attività relative alla ristrutturazione e/ o alla costruzione di nuovi istituti nei prossimi due anni ( termine 31 dicembre 2020).
Antigone osserva che c’è un dato degno di nota, ovvero il forte accento posto sulla possibilità di ristrutturazione di fabbricati o di riconversione a carceri di edifici nella disponibilità dello Stato, e ciò, secondo Antigone, «costituisce senza dubbio una novità rispetto al passato».
Sempre nel rapporto Antigone sottolinea che l’ipotesi della riconversione di edifici già esistenti è molto interessante per due motivi: una diminuzione del consumo di suolo e una più probabile vicinanza degli edifici ai centri urbani ( cosa che generalmente consente un rapporto più aperto con la città, una comodità per i parenti delle persone detenute), e una semplificazione dei percorsi per gli operatori ed i detenuti che svolgono lavori esterni.
Ma i soldi stanziati bastano? Secondo Antigone no, perché a copertura delle disposizioni dell’art. 7 del Decreto Semplificazione, ci sarebbero circa 20 milioni derivanti dalla legge di Bilancio del 2019 e una quota non specificata di 10 milioni derivanti dal Fondo per l’attuazione della riforma dell’ordinamento penitenziario. «Ciò che chiediamo a questo punto – si legge nel rapporto - è se queste cifre siano commisurate allo scopo. Infatti, se si considera che il Piano Carceri del 2010 aveva uno stanziamento di circa 460 milioni di euro e che alla fine del 2014 ne sono stati spesi circa 52, con il risultato, sotto gli occhi di tutti e documentato dall’osservazione di Antigone, che lo stato delle carceri italiane non risulta strutturalmente migliorato, basteranno meno di 30 milioni di euro in due anni per dar corso alle ipotesi delineate dall’art. 7?».
Per questo Antigone evidenzia invece l’importanza di puntare a una maggiore apertura delle maglie del carcere verso l’utilizzo delle pene alternative: ciò contribuirebbe – scrive Antigone – «non solo a “svuotare” le prigioni, e quindi favorire il miglioramento dell’atmosfera detentiva, ma anche e soprattutto a realizzare in maniera più coerente il dettato costituzionale che impone che la pena non sia afflittiva e sia tesa al reinserimento sociale della persona condannata».
Infatti, da quello che emerge nel rapporto di Antigone è come il sovraffollamento del sistema penitenziario italiano sia ancora in crescita. Al 30 aprile 2019 erano 60.439 i detenuti, di cui 2.659 donne ( il 4,4% del totale).
Le presenze in carcere sono cresciute di 800 unità rispetto al 31 dicembre 2018 e di quasi 3.000 rispetto all’inizio dello scorso anno.
Ma soprattutto ci sono oggi ben 8.000 detenuti in più rispetto a tre anni e mezzo fa. Con questo trend nel giro di due anni si tornerà ai numeri della condanna europea. Il tasso di affollamento sfiora attualmente il 120% e, dalle rilevazioni effettuata dall’Osservatorio di Antigone durante il 2018 ( 85 carceri visitate), è risultato che nel 18,8% dei casi vi sono celle dove non è rispettato il parametro dei 3mq per detenuto, soglia considerata dalla Corte di Strasburgo minima e al di sotto della quale estremo è il rischio di trattamento inumano o degradante. Il tasso di affollamento può essere considerato tuttavia più elevato se si tiene conto che in ben 37 istituti, tra quelli visitati dall'associazione, ci sono spazi non in uso per ristrutturazione o inagibilità.
Non sempre i dati ufficiali sui posti disponibili tengono conto di ciò. Il caso più celebre è quello di Camerino, vuoto dal terremoto dell’ottobre del 2016, la cui capienza è ancora conteggiata nei posti disponibili del sistema penitenziario nazionale.