«Da parte nostra nessuna titubanza: da molti anni abbiamo individuato, proponendolo, nel blocco della prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado un possibile fattore di recupero di efficienza ed efficacia del sistema processuale». Con l’approvazione di questa mozione, che di fatto precisa quanto dichiarato dal presidente Luca Poniz, nella sua relazione introduttiva, si è chiuso domenica scorsa a Genova il 34^ congresso dell’Anm.

Il cambio di rotta su un tema così sensibile ha sorpreso molti osservatori. Che qualcosa fosse successo era, però, già evidente confrontando la relazione del presidente dell’Anm, letta venerdì in apertura dei lavori, con alcune sue dichiarazioni alla stampa del giorno successivo. «La riforma della prescrizione – svincolata dall’insieme di riforme strutturali necessarie, come infatti da noi contestualmente richieste, ed inserita incidentalmente nel testo di una Legge ( cd.

Spazzacorrotti) che disciplina materia affatto diversa – rischia di produrre squilibri complessivi», si leggeva a pagina undici della relazione di Poniz. Che poi, sul punto, precisava: «Non è noto, ad oggi, ufficialmente, lo stato di elaborazione delle riforme annunciate dal Ministro della Giustizia».

Ventiquattro ore dopo, le agenzie battevano invece la seguente affermazione: «La prescrizione cosi com’è va benissimo e renderà impossibile un uso strumentale delle impugnazioni. Nessun faccia dire all’Anm che attendiamo riformi epocali per l ‘ entrata in vigore della prescrizione». Poniz, ha dunque smentito il voto del Csm che, sempre in tema di blocco della prescrizione, aveva votato lo scorso anno un articolato parere che ne evidenziava le ricadute negative. Dalla paralisi delle Corti d’Appello, alle condanne in sede europea per violazione del principio della ragionevole durata del processo, fino all’aumento dei risarcimenti per la Legge Pinto.

Il Csm aveva anche riportato un studio elaborato dal Ministero della giustizia, prima della riforma cd. Orlando, in cui si evidenziava come la maggiore incidenza delle prescrizioni si verificasse annualmente durante la fase delle indagini preliminari.

Nel 2014, ultimo anno con dati disponibili, in particolare, erano stati definiti per prescrizione circa 132.000 procedimenti penali, di cui 80.000 riferibili alla prescrizione maturata durante la fase delle indagini preliminari. Per il solo anno 2017, i procedimenti potenzialmente a “rischio Legge Pinto” erano stati individuati dal Ministero della giustizia in 224.602 per il primo grado e in 110.450 per il grado di appello.

«L’allungamento dei processi - concludeva il Csm - conseguente alla modifica legislativa rischierebbe di acuire una problematica già economicamente significativa per lo Stato italiano».