L’Anm teme una riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore dal retrogusto “vendicativo”. Il timore è espresso non solo dai vertici dei gruppi associativi, ma persino dal vicepresidente del Csm David Ermini. Spauracchio che più spaventa è il sorteggio per eleggere i togati, considerato, forse a ragion veduta, la fine delle correnti. Ma poi, a leggere una dichiarazione con cui l’attuale segretario dell’Associazione magistrati Giuliano Caputo, di Unicost, annuncia il congresso nazionale del “sindacato” che si terrà il prossimo fine settimana ( a Genova, da venerdì 29 a domenica 1° dicembre), ci si accorge che il pericolo non viene solo dalla politica.

Il caso Palamara, con le successive dimissioni di cinque togati da Palazzo dei Marescialli e l’addio anticipato del pg di Cassazione Riccardo Fuzio, sono «un peso» perché, dice Caputo, «hanno rappresentato l’esistenza di un rapporto tra magistrati e il potere politico al di fuori delle sedi istituzionali, per nomine basate su logiche di potere. Bisogna ritrovare principi, ideali, valori di confronto tra i gruppi associativi, con un messaggio importante soprattutto per i colleghi più giovani: un quarto dei magistrati è entrato in servizio negli ultimi 5 anni», nota il numero due dell’Anm, e «la vicenda scaturita dall’inchiesta di Perugia è stata un colpo, che può creare sfiducia anche al nostro interno e ha portato disorientamento tra le toghe».

Vuol dire anche che la tenuta dell’associazionismo giudiziario, delle correnti, non è insidiata tanto dalle riforme quanto dalla disaffezione di quel venticinque per cento di magistrati che da poco sono entrati in servizio. È il loro disincanto a poter spingere le correnti verso una marginalità politica assai più devastante di quanto potrebbe fare un sistema elettorale.

Problemi dei quali il segretario Caputo e il presidente dell’Anm Luca Poniz sono ben consapevoli. Così come ben presente è l’altro rischio, evocato proprio da Poniz, relativo alla diminuita «fiducia» dei cittadini nella magistratura: «Un segnale di attenzione del congresso», spiega il presidente, rispetto alla «percezione sociale» delle decisioni dei giudici, «sarà la proiezione di videointerviste in cui sono state raccolte le opinioni di cittadini sul sistema giudiziario, sulle quali sviluppare il dibattito». Scelta intelligente, perché forse la dialettica fra magistrati e opinione pubblica precede le stesse tensioni con la politica.

Sarà perciò interessante capire se il dibattito di Genova affronterà anche il nesso tra la diminuita “popolarità” delle toghe presso i cittadini e le perversioni del processo mediatico. Si è passati dagli osanna di Mani pulite alle minacce nelle aule di tribunale quando le decisioni non corrispondono alle attese del pubblico, cioè di quei cittadini abituati a una simil- giustizia da fiction. È a partire da una spietata denuncia delle degenerazioni mediatiche, probabilmente, che l’Anm può risolvere la crisi nel rapporto con i cittadini e difendere l’autonomia della giurisdizione. Una strada indicata non a caso dagli avvocati, che saranno rappresentati al congresso dal presidente del Cnf Andrea Mascherin e che hanno contrastato le degenerazioni della giustizia- spettacolo quasi da soli negli ultimi anni.