Un detenuto di 26 anni si è ucciso nel carcere Bancali di Sassari. «Era un detenuto problematico, tra l'altro responsabile dell'aggressione ad un altro ristretto prima di Ferragosto, al quale spaccò la testa. Era destinatario di svariati rapporti disciplinari e altre querele», spiega il delegato nazionale per la Sardegna del Sappe, Antonio Cannas. Un poliziotto «lo aveva visto poco prima con gli infermieri che gli hanno dato una pastiglia antidolorifica, ma al passaggio successivo lo ha trovato cadavere», aggiunge. «Invito le Autorità istituzionali e regionali ad attivare, da subito, un tavolo permanente regionale sulle criticità delle carceri, che vedono ogni giorno la Polizia Penitenziaria farsi carico di problematiche che vanno per oltre i propri compiti istituzionali, spesso abbandonata a sé stessa dal suo stesso ruolo apicale», sottolinea Cannas.

Per Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, «l'ennesimo suicidio di un detenuto in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari, al di là del calo delle presenze. E si consideri che negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 25mila tentati suicidi ed impedito che quasi 190mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Gli istituti penitenziari hanno l'obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l'Italia è certamente all'avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti». Capace ricorda che 24 ore prima un altro detenuto si era tolto la vita nel carcere di Terni.