Il corpo del reato è un giornale anarchico dal nome “Vetriolo”, considerato “clandestino” dagli inquirenti, anche se era reperibile su internet e quindi acquistabile da tutti al costo di due euro. Una rivista che conterrebbe, secondo l’inchiesta coordinata dalla procura di Milano e di Perugia, scritti considerati di grave istigazione al terrorismo e all’eversione dell’ordine democratico.

Michele Fabiani avrebbe istigato al terrorismo i suoi articoli sulla rivista “Vetriolo” e le scritte apparse sui muri di Spoleto

Capi d’accusa gravi che hanno riguardato anche il 34enne spoletino Michele Fabiani. È stato tratto in arresto e sono stati disposti i domiciliari. Sì, perché è finito sotto la lente di ingrandimento dei carabinieri dei Ros il “Circolaccio Anarchico”. Parliamo di un piccolo locale dove si riuniscono i ragazzi anarchici, tra i quali appunto Fabiani. Una sede non “clandestina”, perché fortunatamente siamo in democrazia ed essere anarchici non è, o non dovrebbe, essere reato. Michele Fabiani avrebbe, quindi, istigato al terrorismo all’eversione dell’ordine democratico. Come? Per i suoi articoli sulla rivista “Vetriolo” e le scritte apparse sui muri di Spoleto.

I Ros hanno acquisito anche la sua tesi su Hegel

I Ros, su mandato della procura di Perugia, hanno perquisito anche la casa di Michele Fabiani. Tra i vari materiali acquisiti, come denuncia il padre al giornale La Nazione, anche la sua tesi su Hegel. Ha ripreso a studiare e sta per laurearsi in filosofia all’università di ’’ Roma 3’’. Materiale, probabilmente, considerato scottante per la procura. «Non stiamo parlando di semplici parole - ha voluto precisare il procuratore della Repubblica di Perugia, Raffaele Cantone -, nessuno vuole censurare il diritto di libertà di esprimersi di chiunque. Quando però questo diritto di libertà diventa uno strumento attraverso il quale soprattutto i più giovani vengono in qualche modo coinvolti in attività illecite, ovviamente siamo fuori dal diritto di libertà di parola».

Ma nel contempo, durante la conferenza stampa, ha anche aggiunto: «Agli indagati vengono contestate istigazione molto gravi, all'esito delle quali ci sono stati episodi violenti. Non abbiamo la prova che siano ascrivibili a loro, ma sappiamo che all'interno del mondo anarchico vengono raccolte».

Arrestato per aver professato idee “sovversive” e dato un contributo alla stampa anarchica

Quindi, per stessa ammissione del procuratore Cantone, non hanno prove che le idee anarchiche pubblicamente professate tramite una rivista, non sono poi state tradotte, dagli autori stessi, in atti violenti. Non è poco. Per ora, di fatto, hanno tratto agli arresti domiciliari un ragazzo per il solo fatto di aver professato idee “sovversive” e dato un contributo alla stampa anarchica.

Nel 2007 i ragazzi di Spoleto furono processati per ver costituito un’associazione terroristica

Non è la prima volta che Fabiani e altri ragazzi anarchici spoletini finiscono in un vortice giudiziario, poi finito nel nulla. A condurre l’operazione è la stessa procuratrice di ora. La pm Manuela Comodi, nel 2007, aveva accusato Michele Fabiani e Andrea Di Nucci di aver spedito una lettera di minacce, contenente due proiettili, all’ex presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti. Agli altri invece a vario titolo, venivano contestati anche alcuni danneggiamenti in alcuni cantieri. A tutti veniva contestato l’articolo 270 bis, ovvero, i ragazzi erano accusati di aver costituito un’associazione terroristica di matrice anarco insurrezionalista la cui sigla sarebbe stata Coop – Fai ( Contro ogni ordine politico- Federazione anarchica informale). Al processo d’appello, il teorema giudiziario è stato quasi del tutto smantellato.

Dall'accusa di terrorismo al danneggiamento di una ruspa

Per tutti e cinque i ragazzi era decaduta l’accusa di terrorismo. L’inchiesta giudiziaria, dal nome epico “Operazione Brushwood”, era stata condotta dal generale Giampaolo Ganzer dei Ros, sotto la guida della pm Comodi. Tutto finito nel nulla. Non c’erano armi, né un piano eversivo. Del Coop- Fai neanche traccia. I cinque ragazzi non erano più considerati terroristi ma due di loro, tra i quali Fabiani, erano comunque stati giudicati colpevoli di danneggiamenti a una ruspa e imbrattamento dei muri di un cantiere. Tutto qui. Lo Stato ha speso risorse e mezzi per una scritta sui muri. Da ricordare che quelle azioni anarchiche erano finalizzate per evitare la costruzione di un ecomostro ( l’edificio è stato descritto così da due diverse commissioni parlamentari) all’interno delle antiche mura di Spoleto.

La storia, forse, si sta ripetendo. C’è il rischio, si spera infondato, di creare la percezione che professare idee anarchiche, quindi tesi per il superamento dello Stato, sia reato. Di fatto, l’anarchico è dichiaratamente anti- sistema, non lascia e non accetta spazi per alcun tipo di delega. Non apprezzerà mai, pensiamo a Michele Fabiani stesso, questo articolo di giornale perché è parte della “stampa borghese”. L’anarchico è impermeabile a qualsiasi dialogo o apertura con le istituzioni. È portatore di un’idea di superamento dello Stato che è da considerarsi eversiva di per sé; dunque perseguibile a prescindere.

Per questo motivo se a imbrattare le mura o danneggiare una ruspa lo fa un anarchico, quell’azione ha in sé la caratterizzazione eversiva. Quando l’anarchico agisce in gruppo, questo gruppo non potrà che essere un’associazione con finalità eversiva dell’ordine democratico. Se lo fa qualsiasi altro gruppo, difficilmente gli viene addebitato un capo d’accusa così grave.

La Cassazione nel 2017 chiarì che ci potrebbe essere il rischio di «reprimere idee, piuttosto che fatti»

Detto questo, ritorniamo alla rivista incriminata “Vetriolo”. Si apprende direttamente dalla promozione fatta su internet dagli autori stessi, che in quel giornale sono pubblicate analisi e provocazioni, suggestioni e approfondimenti. Sicuramente ci sono testi durissimi contro le forze dell’ordine che si devono stigmatizzare. Ma i linguaggi violenti posso essere tradotti come istigazione al terrorismo e, addirittura, all’eversione dell’ordine democratico? Per tentare una plausibile risposta, ci viene in aiuto la sentenza della Cassazione numero 25452 del 2017: «L’anticipazione della repressione penale finirebbe per sanzionare la semplice adesione a un’astratta ideologia che, pur aberrante per l’esaltazione della indiscriminata violenza e per la diffusione del terrore, non è accompagnata dalla possibilità di attuazione del programma; si finirebbe così per reprimere idee, piuttosto che fatti».