A un detenuto al 41 bis avevano bloccato la possibilità di pagare, tramite bollettino, la quota di iscrizione all’associazione Yairaiha Onlus. Proprio a lui che è iscritto fin dal 2017. Il motivo? Nell’istanza al magistrato di sorveglianza, il recluso al 41 bis scrive che la direzione del carcere di Tolmezzo «ha riferito che prima di consentire l’iscrizione (o meglio l’adesione per il 2020) è stata chiesta l’autorizzazione al Dap e a Massimo Giletti». Sicuramente il rifermento al conduttore del programma televisivo “Non è l’Arena” è stato ironico, ma è significativo del fatto che un talk show sia diventato quasi un punto di riferimento istituzionale visto che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è dovuto ricorrere ai famosi decreti anti-scarcerazione per affievolire le indignazioni provocate dalla trasmissione de La7. Ancora più significativo che sia diventato un riferimento per fare ironia visto che si teme di finire sotto la gogna pubblica per il solo fatto di rispettare la costituzione italiana. L'istanza è stata accolta dal magistrato di sorveglianza Infatti, come il recluso al 41 bis di Tolmezzo ha sottolineato nell’istanza, secondo l’articolo 18 della Costituzione «i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente». Il magistrato di sorveglianza l’ha accolta e ha dato al detenuto il via libera all’iscrizione.Ma nel frattempo c’è stato un altro divieto nei confronti del detenuto al 41 bis di Tolmezzo. Questa volta da parte del magistrato di sorveglianza che ha disposto il trattenimento di una lettera in partenza e indirizzata sempre all’associazione Yairaiha. Il motivo? Conteneva una copia di un ricorso riguardante diversi periodi detentivi trascorsi dall’interessato presso le case circondariali di Cuneo, di Parma e di Tolmezzo, nel quale venivano descritte alcune caratteristiche degli istituti. Ovviamente il detenuto ha fatto subito reclamo al tribunale di sorveglianza, evidenziando due motivi: la mancata notifica del provvedimento di trattenimento della lettera, prassi che appare contraria laddove è riconosciuto il diritto di impugnare un provvedimento giurisdizionale; l’inesistenza dello scritto di elementi da cui ravvisarsi la commissione di reati né altro che possa comprendere l’esistenza di sicurezza dell’istituto penitenziario: la missiva infatti aveva un contenuto chiaro, nel quale non appariva ravvisabile alcun messaggio cifrato né qualche residua zona d’ombra. Ribadita l'inalienabilità dei diritti dei detenuti anche se in regime di 41 bis Per questo il tribunale di sorveglianza ha accolto il reclamo, sottolineando il fatto che l’invio di un atto processuale «non possa per definizione mettere in pericolo alcunché». Non solo, i giudici hanno anche verificato che la missiva è indirizzata all’ associazione Yairaiha Onlus «regolarmente costituita in data 29 marzo 2006 si sensi del decreto legislativo n.460/1997, dotata di un proprio sito internet, nel quale sono ben messi in luce i fini di solidarietà sociale nell’ambito della tutela e della difesa dei diritti umani». Soddisfatta Sandra Berardi, presidente dell’associazione. «L'ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza di Udine - racconta a Il Dubbio - va a rimarcare l'inalienabilità dei diritti dei detenuti anche se in regime di 41 bis. Il diritto alla libertà di corrispondenza, sancito dall'art. 15 della Costituzione, può essere sottoposto a riserve da parte delle autorità preposte che comunque devono essere comunicate immediatamente all'interessato e successivamente motivate». Ma sempre Berardi osserva: «Nel corso degli anni, invece, più volte abbiamo riscontrato l'applicazione di una censura arbitraria in alcuni istituti, anche verso detenuti comuni, sia sulla nostra corrispondenza e sia su corrispondenza proveniente dall'ex europarlamentare Eleonora Forenza che, come regola, non dovrebbe essere sottoposta ad alcuna censura neanche in 41 bis. E questo succedeva meno di due anni fa. Basti pensare che è stato necessario inviare una mail dall'ufficio parlamentare affinché le missive venissero accettate alla buca di ogni singolo istituto con l'elenco dei destinatari». La presidente di Yairaiha, infine, conclude con una denuncia: «Molti detenuti, purtroppo, non hanno la perseveranza del detenuto che ha ottenuto questa sentenza e si arrendono al primo ostacolo. Riteniamo comunque inaccettabile che le istituzioni dello Stato violino costantemente la Costituzione e le sue stesse leggi, soprattutto quando si tratta di detenuti che, paradossalmente, pagano con la libertà per aver violato quelle stesse leggi».