IL CASO

«Già troppe crisi». Il tira e molla degli ultimi quattro anni, durante i quali si sono succeduti ben tre governi diversi e gli strappi sono stati quasi all’ordine del giorno, deve aver sfinito Francesco Berti, unico grillino, ieri, a partecipare al voto finali sul decreto Aiuti alla Camera. Mentre gli altri deputati del Movimento 5 Stelle hanno infatti risposto presente alla chiamata del capogruppo M5s a Montecitorio, Davide Crippa, Berto ha deciso di fare di testa sua, votando sì e sconfessando così la linea del presidente del partito, in perenne guerra di nervi con il presidente del Consiglio Mario Draghi. Una “anomalia”, quella che emerge dai tabulati della votazione, che non è passata inosservata. Tant’è che lo stesso Berti, al termine del voto, si è sentito in dovere di spiegare la propria posizione, un’ulteriore piccola scossa per un Movimento ormai disgregato, che ha perso per strada alcuni dei suoi esponenti più importanti e in affanno pur di non tradire i principi sui quali è nato. «Ho votato a favore del decreto Aiuti perchè due crisi di Governo in una legislatura sono già troppe. I chiarimenti nella maggioranza sono utili, ma devono avere una data di inizio e di fine. Ne va dell’affidabilità delle forze politiche e dei singoli che la compongono», ha scritto il deputato su twitter, spiegando i motivi per cui, in dissenso dalla linea del gruppo, è rimasto in Aula e ha detto sì durante il voto finale. Nel gruppo M5s, che annovera 104 deputati ( non viene conteggiato il presidente della Camera, Roberto Fico), non hanno partecipato al voto in 85, mentre 18 erano in missione. Scorrendo i tabulati emerge poi che nella Lega, su 131 deputati, 41 non hanno partecipato mentre 15 erano in missione. Nel Pd, infine, su 97 deputati, 68 hanno preso parte al voto ( 13 in missione e 16 gli assenti).