«Una grande tentazione». Così Francesco Greco definisce l’intelligenza artificiale nell’incontro dell’Ambrosetti dedicato a “L’impatto dell’AI sui professionisti”. Cernobbio: uno dei luoghi di elaborazione delle idee più accreditati del Paese.

L’evento promosso oggi pomeriggio dal think tank vede, con il presidente del Cnf, gli interventi, fra gli altri, del viceministro dell’Economia Maurizio Leo, del leader dei commercialisti Elbano de Nuccio e del vertice di Aiga Carlo Foglieni. Ebbene, in un’atmosfera in cui si percepisce con chiarezza l’ambivalenza dell’eden digitale pronto a rivelarsi un labirinto da incubo, Greco fa degli esempi molto concreti, che forse meglio di altri danno la misura dei rischi intrecciati con le opportunità tecnologiche: «Basti pensare che la Cassazione annovera ben 450 giudici, ciascuno dei quali ogni anno produce circa 350 decisioni, più di una al giorno. È una Corte i cui magistrati sono sottoposti a uno stress notevole: ed è chiaro, inevitabile che si affacci, per ciascuno di loro, la tentazione di schiacciare un pulsante e ottenere la sentenza dal computer». Ecco, è il punto sul quale Greco insiste molto, «noi, come Consiglio nazionale forense siamo impegnati a rappresentare agli avvocati l’intelligenza artificiale come un’opportunità, che non deve preoccupare. La rivoluzione digitale è destinata senz’altro a migliorare la qualità della vita degli esseri umani, ed è impensabile che tale processo non si rifletta anche nell’ambito della tutela dei diritti. Ma nello stesso tempo siamo attenti a vigilare affinché l’Ia non arrivi mai a sostituire il giudice nella redazione delle sentenze».

A condurre il dibattito è uno dei più autorevoli giornalisti italiani in assoluto, Ferruccio de Bortoli. E quando Greco gli offre quella risposta, quel riferimento alla «tentazione», il presidente della Fondazione Corriere della Sera si mostra colpito e un po’ spiazzato, perché è difficile comprendere ora come si potrà preservare il sistema giudiziario da quella “sirena”. Il leader degli avvocati lo dice chiaramente: «La nostra professione è abituata da molti anni a lavorare con le banche dati che raccolgono la giurisprudenza. Ma ci chiediamo anche quale sarà il nostro ruolo di fronte all’ingresso dell’algoritmo della giustizia. E in alcuni casi, come Cnf, siamo intervenuti per arginare processi insidiosi: un anno e mezzo fa, ad esempio, il dipartimento Transizione digitale del ministero della Giustizia aveva implementato un sistema di Ia per l’elaborazione di testi normativi: insieme con la presidente della Cassazione e il pg presso la Suprema corte abbiamo chiesto di fermare il progetto».

I rischi legati all’impatto dell’Ia sulla giustizia, spiega ancora Greco dal palco di Cernobbio, sono anche nei limiti tecnologici: «Si possono fare alcuni esempi. Il più immediato riguarda l’applicazione di attenuanti e aggravanti nel processo penale. Oggi il giudice le calibra sulla base delle particolari circostanze relative alla vicenda personale di chi è accusato del reato. Si tratta di una decisione caso per caso, misurata su ogni singolo individuo. Ma questo è un percorso che l’Ia non è ancora in grado di compiere: gli algoritmi si limitano a guardare al precedente, a procedere in base a riscontri già disponibili». E riguardo a una simile inadeguatezza dell’Ia, il presidente del Cnf aveva segnalato, un attimo prima, proprio l’inefficacia di una giustizia «a specchio», che riflette solo decisioni già assunte. Dopodiché dal penale Greco si trasferisce nel civile, e in particolare nell’ambito giuslavoristico, che a un think tank come l’Ambrosetti suona senz’altro familiare. «Immaginiamo una procedura di licenziamento in una grande azienda, che riguardi 2.000 persone: non è un’iperbole, in Italia casi simili si sono verificati, per la Fiat o all’Alitalia, ad esempio. Ebbene, qualche giorno fa ho chiesto ad alcune persone operanti nel settore dell’Ia cosa avverrebbe nel momento in cui ci fossero atti di impugnazione, contro tutti quei 2.000 licenziamenti, decisi, in primo grado, sempre alla stessa maniera. Sono 2.000 e quindi pesano, sul piano strettamente statistico. Poi ho chiesto: cosa avverrebbe se anche in uno solo di quei 2.000 casi si arrivasse in Cassazione e la Suprema corte rovesciasse il senso di tutte le altre 2.000 pronunce? Sarebbe in grado, l’Ia, di soppesare adeguatamente il valore di quella singola sentenza che, nella gerarchia del diritto, è certamente superiore a tutte le altre?  O il fatto che la direzione seguita dalle 2.000 pronunce di primo grado sia univoca peserebbe comunque di più solo perché statisticamente più significativa? Alla fine, quando ci si interroga su aspetti simili, la risposta è che l’Ia non è in grado, ancora, di operare la giusta valutazione fra una pur singola decisione di una Corte superiore e tutte le decisioni, opposte, di grado inferiore».

Dovrebbe bastare a definire il quadro delle tutele necessarie a fronte delle evoluzioni tecnologiche. E di Stato di diritto in Italia si è discusso, sotto una specie più politica, anche nelle audizioni condotte sempre questo pomeriggio dalla Commissione “Libe” dell’Europarlamento, audizioni nel corso delle quali è stato sentito lo stesso presidente Greco. Da Strasburgo si è preferito chiedere, alle autorità coinvolte, di mantenere il riserbo sulle relazioni. Di sicuro, i problemi relativi al futuro della giustizia in Italia sono stati ieri già ben squadernati a Cernobbio, al più alto livello di confronto che si possa avere oggi in Italia.