Pubblichiamo di seguito la nota stampa della Camera penale di Cosenza in risposta a un articolo pubblicato sul Corriere della Sera dal titolo “Chi è Lorenza Guttadauro, l’avvocata e nipote di Matteo Messina Denaro che difende tutti i parenti”.

«Il titolo – diciamo la verità - non ci aveva illuso di poter leggere la biografia professionale di un Avvocato; tanto meno di poter ragionare sui temi di uno Stato di diritto e democratico, quali la funzione costituzionale della difesa e la necessaria visione dell’avvocato quale tutore, in ogni sede, del diritto alla libertà, dell’inviolabilità e dell’effettività della difesa, nonché sentinella, nel processo, della regolarità del giudizio e del contraddittorio. Seppur preparati, dunque, “al peggio”, abbiamo dovuto constatare che “al peggio non c’è fine”.

Scacciato qualsiasi riferimento alla funzione della Toga, dunque accantonatone il rilievo costituzionale e sociale, il tema di cronaca si è rivelato l’esatto contrario: “il regime del 41 bis impedisce contatti diretti fra detenuti e familiari ma non all’avvocato, anche se nipote diretta … una mossa che spiazza lo Stato, che rivela un vuoto normativo… Matteo Messina Denaro ha trovato il vuoto della norma. E lo colma. Spiazzando l’avversario, lo Stato, a rischio scacco matto…” e continua – citando testualmente un Magistrato - “dovremmo pure porci la questione di un parente-avvocato”.

Non siamo rimasti attoniti in quanto oramai, purtroppo, assuefatti alla continua erosione di spazi di democrazia. Ma neppure insensibili, poiché riteniamo che su questo facile accostamento avvocato-assistito, mediaticamente agevolato dal legame familiare, possa intraprendersi quel percorso che conduce alla demolizione dello Stato di diritto. Che inizia, sempre, con la distruzione dei vessilli delle libertà, gli Avvocati, come dimostra la tragica testimonianza del regime turco.

Pensare all’esistenza di un vuoto normativo dinanzi al diritto di difesa e di assistenza che l’avvocato esercita quale alta e nobile funzione verso il proprio assistito non significa dover riscrivere norme e codici. Vuol dire stracciare la Costituzione. Significa non riconoscere la inviolabilità della difesa. Significa dimenticare il motivo per cui la Toga è uguale per tutte le parti del processo: “riduce chi la indossa ad essere a difesa del diritto senza distinzione di posizione”.

In definitiva, la Toga indossata dall’Avvocato, al pari della Toga del Magistrato, è garanzia di democrazia, di cui la carta stampata è  dovrebbe essere - “il cane da guardia”.