Tornare alle prove scritte per l’esame d’accesso alla professione forense: prima o poi sarebbe dovuto avvenire. Ma la circolare con cui il ministero della Giustizia ha avvisato le Corti d’appello che la “restaurazione” andrebbe attuata già con la sessione 2023, senza dunque attendere la definitiva riforma dell’abilitazione, ha avuto un impatto traumatico fra le migliaia di praticanti in attesa del bando.

Così Consiglio nazionale forense e Associazione giovani avvocati hanno inviato lettere formali a via Arenula, rivolte direttamente al guardasigilli Carlo Nordio e, nel caso di Aiga, al viceministro Francesco Paolo Sisto, delegato ai rapporti con le professioni. Massima istituzione dell’avvocatura e Aiga sono state chiare: non si può pretendere che i praticanti riconvertano all’improvviso la loro preparazione, da tempo calibrata sul “doppio orale” introdotto con l’emergenza covid. È necessario dunque, per citare le parole del presidente Cnf Francesco Greco, «disporre che la sessione di esami per l’anno 2023 si svolga secondo le modalità stabilite dal decreto legge 31 del 2021», vale a dire il provvedimento con cui la precedente ministra Marta Cartabia ha introdotto il regime eccezionale del “doppio orale rafforzato”.

Ebbene, dopo le iniziative di Greco e del vertice della giovane avvocatura, Francesco Paolo Perchinunno, arriva una prima apertura dal ministero, per voce di Sisto: «C’è stata una levata di scudi, va detto. È stato osservato che ricalibrare la preparazione dal doppio orale al modello pre-covid sarebbe, a 6 mesi dalla data teorica degli scritti, troppo oneroso: riteniamo di poter valutare attentamente le perplessità dell’avvocatura», dichiara al Dubbio il viceministro della Giustizia, «non escludiamo dunque di poter prevedere che per la sessione 2023 permanga il sistema adottato durante la pandemia. D’altronde, come ministero, la nostra priorità è essere in sintonia con i bisogni e le necessità delle categorie», assicura Sisto. Che ribadisce: «Valuteremo con molto scrupolo le richieste avanzate dal Consiglio nazionale forense e dall’Associazione giovani avvocati».
Servirà un apposito atto normativo, che estenda l’efficacia del decreto 31 del 2021, con cui è stato possibile escludere le tre prove scritte e che è stato adottato per le sessioni 2020, 2021 e per quella relativa al 2022, la cui seconda fase dovrebbe completarsi nelle prossime settimane.
Nella propria nota, inviata ieri al ministro, il presidente del Cnf Greco ha fatto notare come l’immediato ripristino del sistema pre-covid imporrebbe ai tirocinanti di «rivedere nel giro di pochi mesi i criteri di studio». Gli aspiranti avvocati si troverebbero così a «svolgere le prove avendo basato la preparazione per un esame organizzato con diverse modalità». Il tutto in un quadro in cui «la disciplina dei corsi di formazione per l’accesso è», allo stato, «inattuabile». A propria volta il presidente dell’Aiga Perchinunno ha fatto notare come il ritorno improvviso alle prove scritte finirebbe per rendere «inutili» i costi sostenuti dai praticanti «per la frequenza di corsi basati sulla modalità orale dell’esame», con un ulteriore «grave danno» anche economico.