Nell'ultima legislatura i ministri della Giustizia Alfonso Bonafede e Marta Cartabia hanno verificato meno di 10 casi sugli oltre 5000 di archiviazione disposti dal procuratore generale della Cassazione. «Sono numeri da non credere quelli che ha comunicato il governo rispondendo ad una mia interrogazione in materia di azioni disciplinari nei confronti dei magistrati», ha commentato Enrico Costa, vice segretario di Azione e presidente della Giunta per le Autorizzazioni della Camera.

Costa aveva presentato nei giorni scorsi una interrogazione per conoscere l’attività svolta negli ultimi 5 anni dai ministri della Giustizia, titolari dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati insieme al procuratore generale della Cassazione, nei riguardi dei provvedimenti di archiviazione disposti da quest’ultimo. Su ben 5142 segnalazioni disciplinari verso le toghe trasmesse a via Arenula, che ha facoltà di chiedere copia degli atti e promuovere direttamente l'azione disciplinare, gli ultimi due Guardasigilli hanno chiesto la copia degli atti in soli 10 casi, ed hanno promosso l'azione disciplinare in quattro casi.

«Questa è stata l'azione di controllo inflessibile del ministero della Giustizia: in due casi su mille si sono richieste le copie degli atti, in meno di un caso su mille si è smentito il Pg della Cassazione», prosegue Costa. Praticamente sia Bonafede che Cartabia hanno avvallato di “default” l’imponente attività di archiviazione posta in essere dal procuratore generale della Cassazione. «Chiederemo a questo punto l'accesso agli atti per verificare perchè di questa incredibile inerzia addirittura nell'avere la copia degli atti», ha aggiunto Costa. «Senza esaminare gli atti è lecito chiedersi - continua - su cosa si possa basare l'acquiescenza verso una simile massa di archiviazioni. Questa vicenda dimostra come nel nostro Paese le vie di fuga dalla responsabilizzazione per i magistrati siano infinite».

«Mi auguro che con Carlo Nordio, che voglio ringraziare per aver fornito i dati, cosa non affatto scontata visti i precedenti, ci sia finalmente un cambio di passo. Questa, comunque, è una delle conseguenze di avere i magistrati fuori presso il ministero della Giustizia», ha quindi concluso il deputato di Azione. Il dato impietoso di queste migliaia di archiviazioni non può che far riflettere sul potere, di fatto senza alcun controllo, del procuratore generale della Cassazione. A tal riguardo, sempre Costa, nella scorsa legislatura, aveva presentato un emendamento alla riforma dell'ordinamento giudiziario voluta da Cartabia affinché l’attività del procuratore generale della Cassazione fosse almeno sottoposta al vaglio del primo presidente. L’emendamento venne però bocciato e tutto è rimasto come prima. Una domanda destinata a non avere una risposta è come possa il pg archiviare tutti questi procedimenti senza neanche un giudizio. Le norme in vigore vietano, infatti, di avere gli atti. Salvo, appunto, il Guardasigilli, nessuno, né il denunciante, né un'istituzione, né chiunque altro può avere copia degli atti e leggere le motivazioni dei proscioglimenti.

Al cittadino che ha presentato denuncia nei confronti del magistrato e chiede le ragioni dell’archiviazione viene risposto con lo “stampone” dalla Procura generale che non ha interesse, visto che il procedimento disciplinare non è finalizzato a tutelare l'interesse di chi ha denunciato, ma quello dell'amministrazione della giustizia. Bisognerà capire, allora, se Nordio riuscirà a “togliere” un po' di potere al pg della Cassazione che decide da solo e senza che nessuno vagli la legittimità del suo operato.

Per quanto noto, la motivazione più utilizzata per archiviare è quella della “scarsa rilevanza” dei fatti addebitati. Ad esempio, il ritardo nel compimento di atti rileva solo se reiterato, grave e ingiustificato, la violazione di legge c'è solo se grave e determinata da ignoranza o negligenza inescusabile, il travisamento del fatto è punito solo se determinato da negligenza inescusabile, l'adozione di provvedimenti in casi non consentiti dalla legge è rilevante solo se frutto di negligenza grave e solo se abbia leso diritti personali o patrimoniali, il sottrarsi all'attività di servizio ha rilievo solo se abituale e ingiustificato, la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione solo quando è idonea a ledere indebitamente diritti altrui.