Sulle candidature alla segreteria del Pd, il politologo Piero Ignazi spiega che «Schlein di certo ha un profilo più attento a ciò che accade nella società, alle diverse innovazioni, ai numerosi movimenti, all’ecologismo, ai diritti ambientali e sociali», mentre «la posizione di Bonaccini invece è quella classica del Pd come partito di governo e responsabile, compatibile col mondo economico e finanziario». E sul Congresso è netto: «Questo doveva essere un congresso costituente, di rifondazione, e invece si parla solo di candidati. È la conseguenza del maledetto tarlo delle primarie, che riducono lo scontro politico a uno scontro tra persone».

Professor Ignazi, dopo l’ufficialità della candidatura di Elly Schlein alla segreteria del Pd e del ticket Bonaccini-Nardella, che tipo di competizione si aspetta per la leadership del partito?

Bisognerà vedere nel dettagli le proposte. Finora ci sono stati annunci di carattere mediatico, ma nessun candidato ha detto granché sulle prospettive del partito e sui vari temi di carattere politico, economico e sociale. Per quanto riguarda i candidati, Schlein di certo ha un profilo più attento a ciò che accade nella società, alle diverse innovazioni, ai numerosi movimenti, all’ecologismo, ai diritti ambientali e sociali. Quindi diciamo che è più in linea e più in presa diretta col mondo giovanile. La posizione di Bonaccini invece è quella classica del Pd come partito di governo e responsabile, compatibile col mondo economico e finanziario.

Ciò che li accomuna è la volontà di non essere sostenuti dalle correnti e anzi di fuggire da qualsiasi tentativo di associarli a questa o quell’anima del partito. Crede che, chiunque vinca, ci riuscirà?

Non sono in grado di rispondere a questa domanda per il semplice fatto che io sono molto favorevole alle correnti. Non capisco, e anzi trovo molto grave, questa demonizzazione che si fa della presenza di più anime nel partito. Non volere le correnti significa non volere il pluralismo interno, cioè un dibattito di idee e di diversità di opinioni. Trovo molto preoccupante questa deriva della politica italiana in cui ogni partito ha un leader al quale sostenitori e militanti vanno dietro e non c’è posto per altri. Quindi altro che fine delle correnti, ben vengano le correnti.

Eppure quella di Schlein è oggettivamente una candidatura di rottura, basti vedere agli argomenti trattati nel suo discorsi di discesa in campo, molto di sinistra e distanti anche dall’attuale segreteria. Che ne pensa?

Mutatis mutandi, Schlein ha lo stesso effetto che ebbe dieci anni fa Renzi. Cioè di portare aria fresca nel partito. Con idee diverse e un approccio diverso, ovviamente, ma direi che è questa la griglia interpretativa che si può dire della sua candidatura. Certo ha posizioni che si possono definire “ideologiche”, ma che c’è di male nelle posizioni ideologiche? Tutti le hanno. L’alternativa sarebbe non avere idee ed essere disposti a cambiare posizione di volta in volta. Avere un’ideologia significa avere una visione delle cose e su di essa ispirare la propria politica. Il problema della sinistra è stato quello di avere poca ideologia ed essersi rilegata in un pragmatismo che di certo non ha portato a grandi successi.

Qual è, da questo punto di vista, la differenza con Bonaccini?

Bonaccini rappresenta la tradizione di partito. Lui è ancorato a questo modo di fare politica, se poi sarà vincente lo vedremo. Quel che è certo è che questo doveva essere un congresso costituente, di rifondazione, e invece si parla solo di candidati. È la conseguenza del maledetto tarlo delle primarie, che riducono lo scontro politico a uno scontro tra persone.

Persone che poi però si troveranno a mettere nero su bianco una strategia politica diversa da quella delle ultime Politiche, in cui Enrico Letta sostanzialmente non si è alleato con nessuno: pensa che su questo cambierà qualcosa con una vittoria di Bonaccini o di Schlein?

Per adesso la strategia sulle future alleanze non è presente nel dibattito, ma penso che più di cosa pensano Bonaccini e Schlein bisognerà vedere se gli altri vorranno allearsi e saranno disponibili ad allearsi con le idee del Pd. Passato questo momento del Pd, che è chiaramente di sbandamento e crisi in cui di certo non c’è grande entusiasmo, gli altri partiti dovranno trovare il modo di mettersi d’accordo con il maggiore partito di sinistra, che rappresenta i socialdemocratici ed è il partito di riferimento del partito socialista europeo.

Crede che ci sia il rischio per i dem di essere fagocitati dal Movimento 5 Stelle, da una parte, e dal terzo polo, dall’altra, così da finire relegati a una sola cifra, come i socialisti francesi?

E perché invece non potrebbero fare la fine dei laburisti, che vinceranno le prossime elezioni, visto che a un certo momento anche loro erano al 20 per cento? O quella dei socialdemocratici in Germania, che sono finiti al 16 per cento e ora governano?

Beh, ma i laburisti inglesi sono all’opposizione dal 2010 e la Germania veniva da 16 anni di Angela Merkel al potere. Pensa sia pronto il Pd a stare dieci o quindici anni all’opposizione?

Questo lo vedremo, ma certamente per i prossimi cinque anni dovrà attrezzarsi. Perché sicuramente starà all’opposizione e il goerno durerà.

Non crede che a lungo andare Lega o Forza Italia possano spezzare la corda?

Anche se dovesse accadere, arriverebbe il sostegno del terzo polo. Basti vedere chi ha votato per La Russa alla Presidenza del Senato…

Probabilmente i renziani, ma non solo loro.

Loro di certo.