Con le elezioni politiche del settembre 2022 è cambiata la situazione politica perché è finita la fase politica che ci ha accompagnato dal 1948, con il prevalere del centro sinistra o del centro destra che rappresentavano e esprimevano la natura stessa dei partiti pluralisti, delle coalizioni pluralistiche con forti valori di riferimento.Alle ultime elezioni, nonostante le apparenze, non si sono presentate coalizioni capaci di esprimere complessivamente strategie e comuni finalità, ma si è capovolta la logica precedente: si sono presentate una destra identitaria e circoscritta, con residui del vecchio centro, che ha vinto, e una sinistra timida e incerta ma pur sempre sinistra. Non vi sono state coalizioni di forze politiche diverse ma protese a un comune obiettivo guidate da un “centro” consistente e dominante, alleato a volte a destra, a volte a sinistra. Una circostanza che non deve sfuggire è che per il passato non vi è stato mai un governo di destra né di sinistra, perché la destra ha avuto margini di consenso sempre modesti e la sinistra pur avendo avuto consensi notevoli ha subito le strategie del “centro“politico che ha dato l’indirizzo del governo.Il centro sinistra dunque per lunghi anni ha indicato linee politiche precise che ha visto sempre il “centro“ dominante capace di garantire il governo al Paese. Per il passato si è discusso tanto se dopo la parola centro dovesse esserci un trattino per distinguere le identità e i riferimenti valoriali, ma a lungo andare il trattino è stato tolto e le indicazioni politiche racchiuse nell’espressione centro sinistra è risultato priva di senso e non più capace di indicare una linea politica. Insomma il “trattino” avrebbe maggiormente caratterizzato il centro e fatto crescere una sinistra autonoma, invece la fusione a freddo completamente artificiosa tra la Margherita dei post democristiani e i post comunisti ha creato un equivoco che ancora incide negativamente sulla politica italiana perché le due culture di riferimento sono rimaste inconciliabili o… forse sono state completamente dimenticate! Insomma il centro sinistra e il centro destra hanno indicato una politica che ha qualificato le forze politiche e i governi perché ogni partito conteneva nella sua dialettica interna il centro e un po’ di destra e un po’ di sinistra, ma a lungo andare hanno perduto entrambe le qualifiche e i valori di riferimento, e tutto è diventato personalismo e qualunquismo.La vittoria della destra annulla qualunque riferimento al centro berlusconiano, accentua le caratteristiche di destra della Lega e dunque siamo in presenza di un governo di destra, esclusivamente di destra, che è un avvenimento nuovo dal dopoguerra del 1948. Berlusconi nel 1994 aveva garantito il “centro” con un riferimento forte non solo sul piano elettorale ma anche per la cultura di governo professata come manifesto della sua identità e per il riferimento al Ppe di Helmut Kohl nel 1999. Nel luglio del 2022 Berlusconi ha rinunziato alla sua leadership e alla sua politica… di centro seguendo Salvini nella sfiducia al governo Draghi: un partito che sfiducia un presidente del Consiglio che ha “cultura di governo” riconosciuta in tutto il mondo nonè più di centro, ma è di “estrema” destra, e non può più riconquistare le posizioni e le caratteristiche precedenti. Riconosco al Terzo Polo il coraggio di essersi presentati autonomamente alle elezioni, con una legge elettorale che premiava le coalizioni, ancorché inventate, e ha avuto un risultato significativo. Con una legge proporzionale i voti espressi avrebbero determinato risultati diversi!Aggiungo che il risultato del Terzo Polo ha dimostrato che il bipolarismo non esiste nel nostro Paese e non può esistere per un complesso pluralismo politico presente nella nostra società.La lista del Terzo Polo, anche se improvvisata, si è posta in alternativa alla destra e alla timida e incerta sinistra, aveva e ha una logica, quella di ricostruire un centro perché l’assetto elettorale del 25 settembre può, direi deve, costituire un campanello d’allarme per tutti gli altri partiti a organizzarsi e a darsi una identità. Il panorama politico risulta profondamente modificato perché, per la prima volta nella Repubblica c’è un governo di destra che corrisponde al consenso degli elettori. E il risultato elettorale potrebbe spingere i movimenti, che vogliono qualificarsi, a fare una scelta: se la destra ha assunto una sua fisionomia, è necessario che venga fuori una sinistra democratica socialista con riferimenti europei e un centro che non chiamo moderato, ma dinamico, come lo definiva Aldo Moro già nel 1944, o un “centro vitale” come lo definiva Arthur Schlesinger per distinguerlo dalla sinistra, con cultura di governo. Dopo un lunghissimo periodo di crisi dei partiti e delle loro identità potremmo ricostruire un centro, una sinistra in alternativa alla destra, come nella fisiologia tradizionale dei sistemi politici.Il panorama politico tradizionale, ma presente in tutte le realtà democratiche, è quello di un centro democratico popolare, liberale riformista, e di una destra e una sinistra che determinano una sana dialettica. Se il Terzo Polo non tradisce il suo impegno elettorale e si costituisce come forza politica unitaria, ricca della cultura popolare e liberale contribuisce a normalizzare e regolarizzare la situazione politica dopo lunghi anni di pasticci, di alleanze spurie ed equivoche coalizioni. Il superamento di “Azione” di Calenda e di “Italia Viva” di Renzi sta proprio nella costituzione di un partito di centro come forza popolare e liberale, collegiale e democratica al suo interno, in modo da riscattare la politica e riportarla al suo impegno culturale. Il centro che si qualifica con riferimenti storici e culturali nella tradizione popolare liberale e riformista, acquista una identità che è richiesta da tanti elettori, per cui è necessario il rilancio del popolarismo che vuol dire il protagonismo della persona nella solidarietà sociale aggiornata alla luce delle nuove libertà e delle nuove complesse esigenze della società. In conclusione la vittoria della destra costringe tutti a fare i conti con la propria realtà, e a darsi un’identità in modo che gli elettori possano avere un incentivo vigoroso per andare a votare e partecipare alla vita istituzionale del nostro Paese.