Gian Luigi Gatta, professore di Diritto penale alla Statale di Milano e già consigliere della ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, interviene su alcuni effetti riguardanti la posticipazione della riforma penale.

Professor Gatta, la riforma Cartabia è stata posticipata e gli effetti immediati sulle udienze penali vengono registrati in vari Tribunali. Stiamo assistendo ad un pasticcio con conseguenze deleterie per la giustizia e per i cittadini?

Era prevedibile che rinviare l’entrata in vigore di tutta la riforma, in particolare anche delle disposizioni più favorevoli, quelle di diritto penale sostanziale, ma non solo, avrebbe comportato il rinvio delle udienze, in un rilevante numero di casi. L’imputato o l’avvocato difensore sa che per il reato per cui vi è il processo potrà chiedere, non appena la riforma entrerà in vigore, l’applicazione di una causa di non punibilità, come la particolare tenuità del fatto o, nel caso di condanna, l’applicazione di una pena sostitutiva, possibile ora fino a quattro anni. E perciò, se quell’imputato o quel difensore sa che il giudizio va ad udienza di decisione entro dicembre, non può che chiedere un rinvio. Rinvio che ragionevolmente verrà concesso. Formalmente non vi sarebbero ragioni per un rinvio ma, di fatto, è quello che sta accadendo per ragioni di buon senso e di giustizia sostanziale.

Siamo di fronte a un effetto, purtroppo, frutto della scelta di aver posticipato l’entrata in vigore di tutta la riforma e non solo delle parti che, a giudizio del nuovo governo, richiedevano una disciplina di supporto organizzativo. Né i procuratori generali, in una lettera inviata al ministro e al Csm, né l’Anm avevano chiesto il rinvio dell’intera riforma. Meglio avrebbe fatto il governo, a mio avviso, a intervenire chirurgicamente, rinviando solo le parti della riforma ritenute bisognose del supporto organizzativo possibile nei due mesi, oppure di ulteriori norme transitorie. La scelta del rinvio integrale è ormai stata fatta e l’auspicio è che i due mesi di tempo vengano messi a frutto per migliorare la riforma, che è attesa da molti, come confermano anche e proprio le richieste di rinvio delle udienze.

A Lamezia Terme gli avvocati hanno sollevato alcuni rilievi relativi alle conseguenze che porta il differimento dell’entrata in vigore della riforma penale. Quali rischi corre il sistema processuale, in questo momento, e quali interventi sono possibili?

Le soluzioni possibili sul tappeto sono tre. Una, quella più pratica, consiste nel rinvio dell’udienza a dopo dicembre. Tale soluzione di comodo, però, presenta uno svantaggio di sistema, vale a dire quello di rallentare il processo penale. Paradossalmente, il rinvio di una riforma nata per accelerare i tempi del processo, in linea con gli obiettivi del Pnrr, determina dei rallentamenti con una serie di rinvii. I ruoli di udienza si vanno ad affollare. Il rinvio delle udienze a gennaio e febbraio 2023 provocherà ritardi nei processi e peggiorerà le statistiche ministeriali da esibire a Bruxelles. Si pone, quindi, un problema non di poco conto.

Mi riferisco al raggiungimento dell’obiettivo Pnrr, consistente nel taglio del 25% dei tempi medi in cinque anni. Una seconda strada consiste nel ritenere che alcune norme siano già applicabili anche nel periodo di vacatio legis. Soluzione richiamata facendo riferimento a delle pronunce della Cassazione, in particolare in tema di riforma della legittima difesa. Non è però una soluzione facile e lineare, sul piano tecnico. L’ultima soluzione, infine, è quella di Siena, consistente nel sollevare la questione di legittimità costituzionale sul rinvio. Bisognerebbe però che la questione venisse trattata dalla Consulta prima di dicembre.

Le “esigenze organizzative” che hanno differito l’entrata in vigore della riforma possono determinare insomma un effetto boomerang?

Nella misura in cui non si è distinto tra le varie parti della riforma. Le esigenze organizzative riguardano singoli settori delle nuove norme, già valutati dal precedente governo attraverso la “Relazione Air”, Analisi di impatto della regolazione, approvata con il decreto legislativo. Se parliamo di esigenze legate alla fase delle indagini, il rinvio si poteva limitare alle indagini stesse.

Le esigenze organizzative riguardano i sistemi informatici per le indagini e la fase delle indagini. Ci possono essere altre esigenze organizzative riguardanti l’Uepe, Ufficio di esecuzione penale esterna. In questo caso occorre tenere conto che il precedente governo ha ampliato l’organico con mille unità in più. Vi è pure una circolare del Dipartimento giustizia minorile e di comunità, da cui dipende l’Uepe, che con spirito costruttivo si accinge a far fronte ai nuovi impegni.

Alcuni avvocati hanno parlato, in merito ai provvedimenti del governo Meloni di qualche settimana fa, di una sorta di controriforma rispetto ai precedenti interventi messi in campo dall’ex ministra Cartabia. Cosa ne pensa?

Non credo che si tratti di una controriforma, perché, tra l’altro, c’è un impegno preciso derivante dal Pnrr, che il nuovo governo deve rispettare e che è intenzionato a rispettare. Il rinvio dell’entrata in vigore della riforma poteva, a mio avviso, limitarsi ad alcune parti. Non è in discussione la riforma in sé. Confido che i tecnici del ministero della Giustizia, molti dei quali hanno lavorato per mesi all’elaborazione delle nuove norme, sappiano apportare le migliorie ritenute necessarie, senza stravolgimenti.