L’Interpretazione di una circolare del Consiglio superiore della magistratura del 1995 potrebbe essere fra le cause che determinarono il terremoto che ha travolto in questi mesi la procura di Milano per la vicenda della Loggia Ungheria. Un terremoto che ha poi avuto anche degli strascichi sotto il profilo penale, coinvolgendo un magistrato come Piercamillo Davigo, ora sul banco degli imputati al tribunale di Brescia per “rivelazione del segreto d’ufficio”.

La circolare in questione ha ad oggetto “Informative concernenti procedimenti penali a carico di magistrati” e regolamenta in maniera dettagliata le comunicazioni istituzionali fra il Csm ed i vari procuratori generali e procuratori della Repubblica. Costoro, in particolare, devono “dare immediata comunicazione al Csm con plico riservato al Comitato di presidenza del Csm di tutte le notizie di reato nonché di tutti gli altri fatti e circostanze che possono avere rilevanza rispetto alle competen-ze del Consiglio", salvo che sussistano "specifiche esigenze di segretezza".

Il dovere di comunicazione da parte dei procuratori sussiste, prosegue la circolare, qualora abbiano “notizia di fatti suscettibili di valutazione disciplinare o di valutazione sotto il profilo dell’eventuale incom-patibi-lità di sede o di ufficio”. Aspetti, quest’ultimi, che non possono non essere portati a conoscenza del Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli, composto dal vice presidente del Csm e dai vertici della Cassazione, il procuratore generale ed il primo presidente. Già all'epoca il Csm stigmatizzava la “reticenza” del procuratori a fornire tali informazioni, sottolineando come in molte occasioni erano «mancate le comunicazioni» ed il Consiglio aveva così dovuto apprendere i fatti «attraverso la stampa».

Il “deficit” informativo aveva come conseguenza quella di limitare l’attività del Csm, impedendogli di «svolgere le proprie funzioni», con conseguente «spreco di attività di comunicazione, richieste, sollecitazioni» al fine di porvi rimedio. Tale circolare è stata richiamata questa settimana dal togato del Csm Giuseppe Cascini, già procuratore aggiunto a Roma, sentito come testimone proprio nel processo nei confronti di Davigo a Brescia. L’accusa mossa all'ex pm di Mani pulite è quella di aver rivelato il contento dei verbali delle dichiarazioni dell'ex avvocato esterno dell'Eni Piero Amara sulla Loggia Ungheria. Verbali che Davigo aveva ricevuto dal pm milanese Paolo Storari, il quale si era rivolto all'allora componente del Csm per segnalare “l'inerzia” dei vertici milanesi nel svolgere indagini sul contenuto di queste dichiarazioni.

Sul punto Cascini non ha avuto dubbi, affermando che le dichiarazioni di Amara «erano esplosive ed è mia convinzione che fosse preciso dovere della procura di Milano fare un'indagine per capire se fossero vere, visto che erano coinvolte personalità delle principali istituzioni del Paese». I nomi degli appartenenti alla Loggia fatti da Amara erano diverse decine, fra cui molti magistrati, in servizio ed in pensione, oltre a due componenti in quel momento in carica del Csm. Per Cascini la Loggia Ungheria «era in sostanza la prosecuzione della P2 e aveva la sua base in Sicilia». Il non aver mai trasmesso gli atti al Csm da parte dell’allora procuratore di Milano Francesco Greco, anche dopo che era esploso lo scandalo, potrebbe quindi essere stato determinato da una interpretazione della circolare.

Anche se la comunicazione deve riguardare i «fatti e circostanze che possono avere rilevanza rispetto alle competenze del Consiglio», Greco potrebbe aver ritenuto che essendo l'indagine nella fase iniziale, senza che fosse stata effettuata alcuna iscrizione, non sussisteva l'obbligo di trasmissione al Csm. A tal proposito ci sarebbe il precedente recente delle ormai famose chat di Luca Palamara che furono trasmesse dalla procura di Perugia dopo un anno al Csm, in quanto non utili per le indagini penali potevano però essere d’interesse per le incompatibilità ambientali o per gli eventuali profili disciplinari a carico dei vari magistrati coinvolti.

Tornando, invece, al destino del procedimento sulla Loggia Ungheria, poi trasmesso per competenza territoriale da Milano a Perugia, la Procura del capoluogo umbro ha richiesto lo scorso luglio la sua archiviazione. La richiesta di ben 167 pagine, accompagnata da 15 faldoni di documenti, è ancora oggetto di valutazione da parte del gip.