Si chiamava Simone Melardi, aveva 44 anni quando ad agosto si è impiccato nel carcere di Caltagirone. Era dentro perché avrebbe rubato un telefonino e un portafoglio, sottratti al botteghino del Teatro Massimo Bellini e subito restituiti ai legittimi proprietari.

Il 44enne era già da tempo in lista d’attesa per essere inserito in Cta (Comunità Terapeutica Assistita), in quanto affetto da “psicosi Nas in soggetto con disturbo di personalità borderline e abuso di alcolici” e per tale ragione nel carcere di Caltagirone era sottoposto al regime della “grande sorveglianza” al fine di evitare e prevenire episodi di autolesionismo. Ma nulla da fare. Come detto era un soggetto fragile, con vari disturbi mentali.

Secondo la testimonianza raccolta dall’associazione Antigone, Simone aveva lo sguardo perso nel vuoto, un viso sofferente, e spesso non riusciva a comunicare in modo adeguato, ripetendo monologhi o frasi senza senso, talvolta appariva smarrito perché in stato confusionale, la sua igiene personale era inesistente e sembrava molto più grande dei suoi 44 anni. Talvolta veniva picchiato per divertimento dai bulli del quartiere, e si presentava in giro come una maschera di sangue.

Tutto ciò viene testimoniato da una donna che ha inviato una lettera all’Associazione Antigone. Nella missiva, la signora racconta che a giugno scorso venne a conoscenza di un video che ancora oggi circola su Tik Tok, nel quale si vedeva lo stesso Simone che dormiva in pigiama all’interno di un cassonetto dell’immondizia. Nella scuola dove la donna ha insegnato, nel cuore di S.

Cristoforo, in tanti hanno segnalato la situazione. Lei stessa si è recata in questura e ha mostrato agli agenti il video, dicendo che il soggetto, che talvolta fa uso di alcool, potrebbe non svegliarsi durante la raccolta dei rifiuti, rischiando di essere schiacciato dal compattatore.

Ma le è stato detto che gli stessi non potevano intervenire in quanto nel video non si configurava alcun reato. Così ha dato voce a vari amici e associazioni, ma la situazione è rimasta immutata. Poi ha appreso la tragica notizia. Per lei quasi una morte annunciata, e adesso si domanda, come mai è stato condotto in carcere e non in una comunità di recupero viste le sue condizioni psicofisiche?

Inoltre, come ha fatto a progettare ed eseguire un suicidio senza che nessuno lo vedesse, e tentasse di salvarlo? Questa storia racconta che nella nostra società gli ultimi non vengono tutelati, nel nostro ordinamento penale, per espressa previsione Costituzionale, la pena deve tendere alla rieducazione del reo. E invece Simone in quel carcere ha perso la vita.