«Carlo Cottarelli? No, lui da solo non vuole andare a sbattere. O addirittura Beppe Sala? Beh, questo sarebbe ben altro scenario, lui sarebbe la candidatura vincente, ma è difficile, al momento…». In ambienti del centrosinistra e dello stesso Pd lombardo così vagheggiano una possibile contromossa dopo il no secco all’appoggio alla candidatura di Letizia Moratti con il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi.

Un indizio dell’ipotesi che alla fine si potrebbe puntare sulla carta più competitiva Sala, l’unica che potrebbe tenere unito il cosiddetto campo largo anche con i Cinque Stelle, seppur in Lombardia abbiamo molto meno peso che nel Lazio, potrebbe esser trovato nelle stesse considerazioni di Sala. Che ieri l’ha messa così: «Renzi e Calenda diranno sempre naturalmente che giocano per vincere, ma a loro anche un buon risultato andrebbe benissimo. Il problema vero è che il Pd deve cercare, invece, la vittoria».

Troppo presto per giudicare quelle di Sala non solo parole da osservatore ma anche di chi potrebbe meditare di scendere in campo. Ma un fatto è certo: il terzo polo, stavolta in Lombardia, ha ripreso a muoversi sullo stesso schema delle elezioni politiche nazionali. Con l’obiettivo di puntare sempre alla sconfitta del centrodestra, diventandone però determinanti protagonisti. E la sconfitta lombarda per il centrodestra sarebbe una “bomba” con forti scosse anche sul governo nazionale di Giorgia Meloni. Solo che il terzo polo, pur forte di una candidatura come quella del calibro e l’appeal di Moratti, espressione di un potere politico e economico, ex esponente di punta, seppure da indipendente, dell’ala berlusconiana, ha già le armi un po’ spuntate dal fallimento registrato a livello nazionale dell’obiettivo del Draghi bis. Ma alla fine, come lo stesso Sala osserva, partendo da una situazione in cui non hanno nulla da perdere, Renzi e Calenda avrebbero solo da guadagnare intercettando voti al Pd anche in Lombardia per consolidare la loro posizione al Pirellone.

Insomma è ripreso lo stesso giro dell’oca del percorso fatto per il Parlamento, diventando una forza di riserva che si insinua nelle eventuali crepe della maggioranza di centrodestra però al momento non all’orizzonte. Uno scenario, che mette in sofferenza il Pd, rispetto al quale, parlando col Dubbio, Nico Stumpo, esponente di spicco di “Articolo1”, la formazione alleata dei dem, guidata dall’ex ministro Roberto Speranza, mette uno stop: «Proponiamo noi candidature unitarie, non solo in Lombardia ma anche alle Regionali di Friuli, Lazio e Molise, che vadano dai Cinque Stelle al Pd fino a Calenda e Renzi. Basta fare gli utili idioti del centrodestra!».

Stumpo sottolinea così che la strategia terzopolista starebbe mostrando la corda. Ora si vedrà se il Pd lombardo sceglierà la via delle primarie, che però Sala già vede solo come uno strumento «per scuotere le cose», oppure si farà una scelta secca che se fosse sull’ex sindaco potrebbe a sua volta spiazzare il terzo polo. Resta il fatto che il primo cittadino di Milano, già con un alto incarico di direttore della macchina di Palazzo Marino, guidato da Moratti, non può certamente andare a correre rischi in avventure insicure che ne scalfirebbero la stessa immagine alla guida di Milano.

Se a sinistra i giochi sono stati scompaginati dal terzo polo, che ha messo sotto stress un Pd già in crisi di identità, anche nel centrodestra, che pure può dormire sonni più tranquilli, la discesa in campo di Moratti qualche inquietudine di riflesso comunque la crea. Maurizio Gasparri, big azzurro, vicepresidente del Senato confessa: «Non mi aspettavo da Moratti una scartata così».

La Lega, che esprime il governatore Attilio Fontana, sul quale a questo punto si dovrebbe ufficializzare la candidatura di tutta la coalizione, liquida la «virata a sinistra» della manager, che aveva voluto come vicepresidente della Lombardia, con un sarcastico meme social dove Moratti viene raffigurata con una falce e martello rossa sulla fronte. Ma la Lega non ha più la stessa forza di quando fu determinante per l’elezione dell’ex sindaco di Varese, Fontana, al Pirellone. FdI ha doppiato Lega e Forza Italia in Lombardia. Ma Giorgia Meloni per realpolitik dovrebbe accettare la candidatura di Fontana per non mettere in fibrillazione la maggioranza a Roma.

Il punto è che Moratti certamente è molto competitiva a Milano dove la Lega in realtà non è mai stata molto forte, ad eccezione dei tempi di Formentini. E se la maggioranza di centrodestra agirà più da destracentro a livello nazionale potrebbe lasciare fianchi scoperti in una metropoli come Milano al centro, tra i cosiddetti “moderati”. Ma Milano non è tutta la Lombardia. E sembra essere passata un’era geologica da quando la ex ministro della Pubblica Istruzione e già sindaco di Milano si narra che fece commissionare nei mesi scorsi un sondaggio dal quale sarebbe emerso che lei da sola con FdI avrebbe nettamente vinto. È da quel sondaggio che sarebbero iniziate le pressioni sulla Lega che però poi non fece un buon esito elettorale. E ora certamente FdI ha ben altri pensieri in testa, al primo posto quello di tenere unita la maggioranza di governo. Uno sgarbo del genere al suo secondo azionista, Matteo Salvini, sarebbe inimmaginabile.