Vuoi diventare un parlamentare? Verrebbe da dire che un buon viatico per riuscire nell’impresa è diventare, prima, avvocato. È la conclusione a cui sembrerebbe condurre la lunga (e faticosa) disamina delle schede dei 400 deputati, e degli oltre 200 senatori ( essendoci anche quelli a vita), che certifica come ben 72 eletti alla Camera e 42 componenti dell’assemblea di Palazzo Madama sono avvocati, o meglio, si sono dichiarati tali alla domanda posta dai funzionari incaricati di redigere le schede di ciascun parlamentare. Si tratta, rispettivamente, del 18% e del 21% dei membri dei due rami del Parlamento (non considerando però i senatori a vita).

Premesso che i siti della Camera e del Senato consentono di visualizzare l’articolazione dei rispettivi membri per la loro posizione professionale, può valere la pena confrontare la numerosità degli avvocati in Parlamento rispetto a quella delle altre categorie. Cominciando con i commercialisti, si rileva che la loro “quota” è di gran lunga inferiore rispetto a quella degli avvocati, anche a voler considerare che per ogni commercialista ci sono in Italia 2 avvocati ( i primi sono circa 120.000 e i secondi circa 240.000). Infatti, si ravvisano alla Camera dei Deputati appena 14 commercialisti, e 8 al Senato. In altre parole, se sei un commercialista, hai un “tasso probabilistico” di essere eletto che risulta 2,5 volte inferiore rispetto a quello di un avvocato.

Del tutto assenti sono poi i consulenti del lavoro, e forse per questo è stato assegnato alla presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, Marina Calderone, il ministero del Lavoro. Non molto meglio sono messe le altre professioni, come quella degli ingegneri, che possono contare su uno sparuto gruppo di 6 deputati alla Camera, e addirittura su nessun rappresentante al Senato, mentre va un po’ meglio ai rappresentati della professione medica, che restano comunque 4 gatti, visto che alla Camera ve ne sono 7 e al Senato 10.

Il nostro Parlamento non sembra neppure un pozzo di scienza, poiché i docenti universitari sono merce piuttosto rara. Nella Camera dei Deputati se ne contano 10, mentre sono il doppio ( 20) al Senato. Fra questi sono però in diversi a svolgere l’attività accademica insieme ad altre professioni. Alcune specializzazioni sono poi veramente curiose, come quella del deputato del Pd Toni Ricciardi, eletto nella circoscrizione Europa e che insegna presso l’Università di Ginevra “Storia delle migrazioni e delle catastrofi” (chissà se ha fatto esperienza con il suo partito...). Altri sono invece vaghi, come Giulio Tremonti, ora in carico a Fratelli d’Italia, che si dichiara “Professore ordinario di discipline giuridiche” ( ma non di diritto tributario, in quanto, presumibilmente, nella sua area politica essere esperti di tasse non passa per un titolo di merito).

Al secondo posto come professione presente nel Parlamento italiano vi è quella dell’imprenditore, che conta 40 rappresentanti alla Camera e 25 al Senato. Ma l’unico nome riconoscibile immediatamente come tale è Silvio Berlusconi, sebbene ormai la sua lunga carriera politica abbia quasi messo in ombra quella aziendale, almeno in termini di durata. Non è comunque molto chiaro che tipo di beni o servizi questi imprenditori producano, e questa sarebbe stata un’informazione interessante, anche per capire quali interessi potrebbero guidare le politiche pubbliche.

Al terzo posto come numerosità vi sono i dirigenti, che alla Camera sono 21, esattamente come al Senato. Va detto però che il motore di ricerca della Camera e del Senato non è molto preciso, per cui risulta come dirigente anche chi ha un master in management. C’è da chiedersi quanti di loro siano effettivamente iscritti a Federmanager. Il sospetto è che siano molto pochi.

Un’altra qualifica professionale relativamente inflazionata, ma poco chiara nei suoi reali contenuti, è quella di consulente. Risultano 20 consulenti alla Camera e 19 al Senato. In cosa siano esperti è raro capirlo. Ma che professione dichiarano invece i leader politici? In effetti la curiosità è legittima.

Cominciando dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, va subito detto che non si hanno indicazioni di alcuna esperienza professionale, né di titolo di studio (ma è in buona compagnia, essendo in 83 alla Camera a non dichiarare alcuna professione, e in alcuni casi, neppure il livello di istruzione). Se invece la professione di Berlusconi è ben nota, quella di Matteo Salvini, è meno scontata, visto che si dichiara giornalista.

Anche sul fronte dell’opposizione non mancano i misteri sul piano professionale. Se la scheda di Enrico Letta si limita ad indicare il ruolo di direttore di azienda privata (senza specificare quale, nell’ipotesi che non faccia riferimento al Pd), quella di Matteo Renzi (Italia viva) ricorda che pure lui è un dirigente d’azienda ( ancora una volta però senza chiarimenti su quale sia l’impresa che viene diretta). Il suo collega di cordata Carlo Calenda (Azione), per non sbagliare, indica tre professioni, ossia quella di amministratore, dirigente e diplomatico (quest’ultima, probabilmente, la meno praticata, vista la sua condotta in occasione dell’ultima elezione). È invece nota la professione di Giuseppe Conte, leader di M5S, che è l’unico avvocato tra i leader di partito.