Dopo i rave, il nuovo pericolo numero uno del governo sono 35 migranti – dicasi 35 – bloccati nel porto di Catania e sorvegliati a vista neanche si trattasse del battaglione Wagner. Molti di loro hanno rifiutato il cibo e almeno tre si sono gettati dalla nave, hanno nuotato fino ad una boa e si sono seduti sul molo circondati da forze dell’ordine senza che la stampa potesse avvicinarsi. Insomma, una situazione che potremmo definire grottesca, se non fosse per un piccolo particolare: in gioco c’è la dignità e la stessa vita di quelle persone. Ma a ben vedere non è solo questo il punto. Questa vicenda, infatti, non riguarda solo quel manipolo di disperati, ma interroga l’anima e i valori più profondi della nostra comunità. Nei mesi passati eravamo rimasti molto colpiti dall’europeismo di Giorgia Meloni. Ma l’Europa non è solo Pnrr, non è solo conti in ordine o un diligente passaggio di consegne con l’ex presidente della Bce, garante numero uno della nuova premier. L’Europa è anche e soprattutto diritti umani. E allora ci chiediamo: quando Giorgia Meloni ci ha parlato di radici cristiane dell’Europa, a che tipo di cristianesimo si riferiva esattamente? Al vuoto rispetto delle liturgie o al messaggio più forte e rivoluzionario che Cristo ha lasciato al mondo, quello dell’accoglienza e dell’amore? E se davvero vogliamo onorare il messaggio di Cristo, sarebbe sufficiente seguire le 7 opere di misericordia corporale testimoniate in uno dei passaggi più belli del Vangelo di Matteo: “Dai da mangiare agli affamati e da bere agli assetati. Vesti gli ignudi e alloggia i pellegrini. Visita gli infermi e i carcerati, e infine seppellisci i morti”. E a questo punto dovrebbe essere chiaro che l’istantanea di quella nave di disperati bloccata in un porto italiano non solo ci allontana dall’Europa dei diritti, ma anche da quelle “radici cristiane” così care alla nostra premier, oltre che a noi. Due naufragi in un colpo solo.