Incardinato in Senato il decreto anti-rave, non si placa il tira e molla in maggioranza tra chi vorrebbe modifiche sostanziali al testo, in primo luogo Forza Italia, e chi vorrebbe magari modifiche puntuali ma che non stravolgano il senso della norma, cioè Fratelli dItalia ma anche la Lega e il ministro dellInterno, Matteo Piantedosi. Che tuttavia oggi ha aperto a «qualsiasi modifica in sede parlamentare indirizzata nel senso di meglio precisare, qualora lo si ritenga necessario, i confini della fattispecie penale». Sullo sfondo le tre opposizioni, che allunisono sono pronte a chiedere lo stralcio del provvedimento a suon di emendamenti. Da segnalare anche la posizione della presidente della Consulta, Silvana Sciarra, la quale ieri ha spiegato che «la Corte Costituzionale è sempre garante dei diritti, ma il presidente e i giudici non rispondono mai nel merito delle questioni oggetto di dibattito politico». Se appare evidente che una parte del governo non ha alcuna intenzione di fare passi indietro, è altrettanto evidente che in unaltra parte dellesecutivo sta andando per la maggiore lipotesi che delle modifiche, nemmeno di poco conto, debbano essere fatte. Partendo, in primis, dalla durata delle pene, per diminuire la pena massima da sei a quattro anni per chi organizza i rave, o meglio, come spiega il testo pubblicato in Gazzetta ufficiale, chi organizza «linvasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per lordine pubblico o lincolumità pubblica o la salute pubblica». Non solo rave, dunque, ed è su questo che punta chi sta preparando in queste ore le correzioni al testo. Cioè a rendere maggiormente precisa la fattispecie di reato, secondo il principio di tassatività. È principalmente Forza Italia a cercare una sponda tra gli alleati di governo, su tutti il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per rendere il decreto il più digeribile possibile, dopo lallarme lanciato da diversi costituzionalisti e non solo. «Siamo preoccupati perché scritto in quel modo il decreto può provocare dei problemi nel caso i lavoratori dovessero occupare una fabbrica - ha detto il leader Uil Piero Bombardieri prima dellincontro tra governo e sindacati. E se Maurizio Landini (Cgil) chiede i ritiro della norma, Luigi Sbarra (Cisl) sottolinea la presenza di «maglie interpretative troppo larghe». Di generiche «correzioni» parlano tuttavia altri esponenti della maggioranza, in quota Lega, ma cè chi è contrario. « È un decreto e come tale quando arriverà in Parlamento, se ci saranno degli errori lo si modificherà», spiega Gian Marco Centinaio. Ma per il sottosegretario allInterno, Nicola Molteni, il provvedimento «va rafforzato, non indebolito». E se sul decreto rave il confronto non accenna a diminuire, è sulle altre due misure legate alla giustizia che la maggioranza sembra aver deciso di raffreddare gli animi. Sia sul rinvio dellentrata in vigore della legge Cartabia, posticipato a fine anno, sia sul testo che norma lergastolo ostativo, sul quale dallopposizione annunciano barricate. Ma non è solo la politica a farsi sentire. Secondo Guido Camera, presidente dellassociazione Italia stato di diritto, «il decreto legge che ha modificato le norme sullergastolo ostativo a pochi giorni da una decisione molto attesa della Corte costituzionale, con lobiettivo dichiarato di impedirla, va necessariamente emendato da parte del Parlamento, nella fase di conversione in legge, per renderlo pienamente coerente con i principi dello Stato di diritto, che sono alla base Costituzione e della Convenzione europea dei diritti delluomo». Onde evitare fraintendimenti, Camera, intervenuto al convegno Lergastolo ostativo nella società e nellordinamento, organizzato da Isdd con la Camera Penale di Roma e lOrdine degli Avvocati di Roma, va oltre. «Sia chiaro - ha detto - è condivisibile la volontà politica di contrastare con fermezza la criminalità organizzata; tuttavia, lo si può e lo si deve fare dando concretamente ai condannati, quando hanno trascorso decenni in carcere, molti dei quali in regimi di sorveglianza altamente restrittivi, la possibilità di dimostrare lassenza di pericolosità sociale, e dunque di beneficiare, come tutti, delle misure che rendono la pena perpetua conforme alla finalità rieducativa della pena sancita dalla Carta».