Rilancio della Lega per Matteo Salvini al Viminale o in alternativa la richiesta per il leader della presidenza del Senato? La strada nella complessa trattativa per trovare la “quadra” nella formazione del governo ieri si è fatta un po’ in salita. Se ai desiderata di Silvio Berlusconi per Forza Italia vengono attribuiti tre ministeri strategici come gli Esteri e la Giustizia o di peso come quello per lo Sviluppo Economico, la Lega, secondo azionista della maggioranza di centrodestra, starebbe puntando i piedi con la premier in pectore Giorgia Meloni, presidente di FdI, perché abbia con il suo leader nel nuovo governo quel peso che lo stesso numero dei parlamentari, il 16 per cento, sta a rappresentare.

Varie ipotesi dei giornali ieri hanno rilanciato rumors in base ai quali il vicesegretario e ministro uscente leghista Giancarlo Giorgetti potrebbe andare al ministero chiave dell’Economia e Finanze, dopo il no di Fabio Panetta del board della Bce. E secondo fonti della Lega «sarebbe motivo di grande soddisfazione e orgoglio occuparsi con un ruolo rilevante anche di Economia e Finanze». Perché, sottolineano le stesse fonti, «donne e uomini del partito di Matteo Salvini hanno già ricoperto incarichi di governo, dimostrando il proprio valore in settori strategici come Interno, Infrastrutture, Sviluppo Economico, Politiche Agricole, Transizione Ecologica, Turismo, Disabilità, Autonomie». Quindi, «è un onore che arrivino nuovi e significativi riconoscimenti che testimoniano la centralità e l’affidabilità della Lega». Parole che lette in controluce però, secondo un’interpretazione forse troppo maliziosa, potrebbero rivelare anche una certa diffidenza. E, comunque sia, l’Interno viene messo sempre al primo posto dei desiderata leghisti. Suonano comunque come parole tese a ribadire che è il leader del partito a scegliere i suoi ministri: basta con il metodo Draghi.

Ma soprattutto, secondo i rumors, in Via Bellerio ci sarebbe il sospetto che il nome di Giorgetti al Mef sia stato lanciato nel tritacarne mediatico, con il rischio di bruciarlo, per essere usato come un “niet” a Salvini in uno degli altri ministeri considerati strategici. Perché, è evidente che se un leghista del peso di Giorgetti andasse al Mef, si potrebbero così considerate esaurite per Via Bellerio le tre o quattro caselle chiave e al tempo stesso, visto che Giorgetti non andrebbe più alla presidenza della Camera (dove viene dato in corsa anche il capogruppo Riccardo Molinari), diventerebbe in discesa la strada per Ignazio La Russa (FdI) alla presidenza del Senato, incarico sul quale il partito di Meloni punterebbe molto.

La Lega così non potrebbe neppure avere Roberto Calderoli come seconda carica dello Stato. A fronte di una situazione in cui Antonio Tajani, numero due di Berlusconi, continua ad essere dato in pole per gli Esteri o comunque nella rosa dei ministeri di peso, come ad esempio anche il Mise, non sarebbe inverosimile aspettarsi che Via Bellerio a questo punto rilanci su Salvini per il ministero dell’Interno o, e questa sarebbe la novità, per la stessa presidenza del Senato. Ieri fino a sera c’è stato un vertice a Villa Grande, nella residenza romana di Berlusconi, tra Salvini e il Cav, che domani tornerà a sedere in Senato dopo esserne stato estromesso con l’applicazione retroattiva della legge Severino, in seguito alla “sentenza Mediaset”.

Berlusconi non intende, intanto, cedere su un ministero con portafoglio per la stretta collaboratrice Licia Ronzulli, vicecapogruppo uscente dei senatori azzurri. Per Ronzulli si continua a parlare della casella Turismo. Alla Giustizia il borsino dà tra i nomi azzurri la capogruppo uscente a Palazzo Madama Annamaria Bernini o Francesco Paolo Sisto. Ma forti restano le quotazioni dell’ex magistrato Carlo Nordio, eletto alla Camera con Fratelli d’Italia.