Due settimane di proteste e un onda che non accenna a diminuire, non c'è angolo nell'Iran dove ragazze e ragazzi non scendano in strada urlando la loro opposizione al regime. La miccia che ha scatenato la rivolta e stata la morte di Mahsa Amini, una donna curda di 22 anni che è caduta in coma dopo essere stata arrestata dalla polizia morale il 13 settembre a Teheran.

Ora però i disordini sembrano travalicare il fatto e stanno assumendo il carattere di una vera e propria richiesta di cambiamento generalizzato. Lo dimostrano i video che circolano sui social, a Shiraz decine di studentesse delle scuole superiori sono state filmate nell'atto di bloccare una strada principale agitando il velo in aria. A Karaj, lunedì, ragazze senza hijab sono state riprese mentre costringevano un uomo, che si pensava fosse un funzionario locale, a lasciare la loro scuola lanciandogli bottiglie. Altre studentesse sono state fotografate in piedi nelle loro aule con la testa scoperta. Alcune alzavano il dito medio verso i ritratti dell'ayatollah Khamenei e del fondatore della Repubblica islamica, l'ayatollah Ruhollah Khomeini.

Non sembra avere effetto dunque la fortissima repressione che ha già portato in carcere centinaia di persone oltre a quelle uccise nei primi giorni della protesta. Il fatto nuovo è la aperta contrapposizione alle autorità religiose, sempre più spesso nelle piazze si grida «morte al dittatore» in riferimento proprio alla Guida Suprema, Khamenei, che ha l'ultima parola su tutte le questioni statali. E quest'ultimo ieri per la prima volta è intervenuto su ciò che sta succedendo addossando la responsabilità delle rivolte ai nemici dell'Iran: Stati Uniti e Israele.

«Dico esplicitamente che queste rivolte e questa insicurezza erano un disegno degli Stati Uniti e del falso regime sionista occupante e di coloro che sono pagati da loro, e alcuni iraniani traditori all'estero li hanno aiutati» ha affermato Khamenei di fronte i cadetti di una scuola di polizia.

Il leader 83enne ha dato la sua personale versione dei fatti: «Nell'incidente che è accaduto, una giovane donna è morta, il che ha anche addolorato noi, ma quando alcuni rendono insicure le strade, bruciano copie del Corano, tolgono l'hijab alle donne coperte e bruciano moschee e auto della gente, non si tratta di una reazione normale e naturale.» La sua tesi è che i disordini scoppiati prima delle indagini ufficiali sono la dimostrazione di una protesta eterodiretta. Quello che tenta di coprire Khamenei e una sollevazione generale contro il governo e non una rivolta contro l islam. Una protesta politica insomma nella quale stanno confluendo altre tensioni come la crisi economica, lo scontro etnico come nel caso dei curdi (esplicitamente menzionati dall'Ayatollah) e soprattutto l'ansia di libertà di una società giovane e culturalmente elevata.

La brutale repressione non sembra poter fermare tutto ciò così come non emergono all'orizzonte spazi di trattativa. Scaricare l'incapacità di gestire la situazione sul complotto straniero e la via di fuga più facile per il regime. Lo dimostra anche la vicenda che ha coinvolto la ragazza italiana di Roma, Alessia Piperno arrestata a Teheran il 28 settembre. La famiglia non aveva avuto più sue notizie fino a una telefonata di aiuto arrivata due giorni fa.

Il viaggio in Iran di Alessia Piperno era uno dei tanti che la ragazza continuava a fare ormai da sette anni, da quando aveva deciso di diventare una travel blogger molto conosciuta sui social. Ieri si è saputo che si trova nel carcere di Evin alle porte di Teheran ma non si conoscono ancora i motivi dell’arresto.

Sia l'Ambasciata d'Italia a Teheran che la Farnesina stanno seguendo la vicenda con apprensione e da quanto riferiscono fonti ufficiali si stanno effettuando le opportune verifiche per far luce sulle motivazioni dell'arresto, Al momento però vige il massimo riserbo e le uniche notizie sono arrivate da un post facebook, poi rimosso, da parte del padre della ragazza.