Alla fine Matteo Salvini ottiene nuovamente la fiducia dal Consiglio federale della Lega che ha riunito ieri pomeriggio a Roma. A distanza di appena una settimana da quello precedente, il leader ha voluto nuovamente un faccia a faccia con i dirigenti per stoppare sul nascere il logorio che era cominciato sulla sua leadership. Unico modo per presentarsi con tutte le carte in regola al tavolo delle trattative con gli alleati per la formazione del nuovo governo.

Salvini è stato chiarissimo in apertura dei lavori facendo riferimento ai titoli di stampa delle giornate precedente in cui veniva descritto «sotto assedio». «In un momento drammatico tra guerra, missili coreani, gas, emergenza bollette e inflazione il principale giornale della sinistra fa un’apertura contro di me - ha detto Salvini all’avvio della riunione - C’è un brutto clima».

Abbastanza per evitare che il Consiglio si potesse trasformare in un processo al capo. Da qui la conferma del pieno mandato per proseguire i lavori con gli alleati per riuscire a dare all’Italia «un governo politico e all'altezza delle aspettative - così come si legge in una nota diffusa dalla Lega. Nel corso della riunione sono state approvate all'unanimità le priorità del partito: stop al caro bollette, estensione e rafforzamento della flat tax, sicurezza da riportare nelle città, via libera ai cantieri, taglio della burocrazia, valorizzazione di settori strategici come l'agricoltura, la pesca e il turismo».

Accanto al politichese anche qualche indicazione più pragmatica in ordine alla lista da presentare a Giorgia Meloni. Prima linea di massima da seguire: archiviare la stagione dei tecnici e restituire alla politica il ruolo che le compete all’interno del prossimo esecutivo di centrodestra. Poi alcune richieste più precise: il ministero dell'Interno, le Infrastrutture, l'Agricoltura, la Giustizia, il Lavoro e gli Affari regionali.

Ma le caselle per le quali il Carroccio non ha intenzione di mollare la presa sarebbero quelle relative al Viminale e agli Affari regionali per seguire da vicino l’auspicata stagione dell’autonomia differenziata. Sui possibili nomi dei ministri leghisti, invece, nessuna novità di rilievo, . a parte l’insistenza su quello dello stesso Matteo Salvini per l’Interno.

«C'è una lista di ministeri interessanti per la Lega ma non abbiamo parlato di nomi» ha dichiarato il ministro per lo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti intercettato dai cronisti al termine del vertice leghista. «Salvini mi sembra un candidato naturale per il Viminale» Durante la riunione il governatore del Veneto Luca Zaia, in collegamento streaming, avrebbe chiesto la conferma dei tre ministri leghisti uscenti Stefani, Garavaglia e Giorgetti e poi sottolineato la centralità del ministero per gli Affari regionali affidato a Gelmini durante la passata legislatura e che, adesso, dovrebbe necessariamente toccare al Carroccio.

Salvini, adesso, si giocherà la partita con gli alleati e la sensazione è che non ci saranno margini per ulteriori errori. Sebbene sia la seconda in otto giorni, la fiducia richiesta e ottenuta dal leader sembra essere a tempo dopo i tormenti che il partito ha affrontato durante le scorse giornate. Il malumore della cosiddetta fronda del nord che si riconosce nel Comitato voluto da Umberto Bossi aspetta il momento giusto per colpire. I risultati elettorali sono stati troppo deludenti e il rischio, come hanno spiegato diversi esponenti della nuova area tra cui Paolo Grimoldi, è quello di perdere l’identità del partito e continuare a perdere consensi proprio nelle regioni settentrionali. Proprio Grimoldi, in un’intervista al Corsera, aveva chiesto l’avvio di un congresso per segnare un nuovo corso della Lega.

La fase politica attuale, però, è troppo delicata e si è preferito non indebolire ulteriormente Salvini nel momento in cui si dovrà lavorare per formare il nuovo governo targato Giorgia Meloni. I risultati che il leader otterrà saranno, però, fondamentali per capire il futuro percorso politico. Anche perché con il nuovo anno ci saranno da affrontare importanti appuntamenti elettorali e, tra questi, il rinnovo del governo regionale proprio in Lombardia.