Come la prenderebbe la magistratura italiana se l’ex procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio venisse nominato nelle prossime settimane nuovo ministro della Giustizia? La domanda sorge quasi spontanea: la giustizia sta vivendo un momento di cambiamento e resta ancora un cantiere aperto. Sebbene le riforme del processo civile e penale ormai siano definitive, nulla esclude che si possano apportare delle modifiche, come ha ricordato in una intervista al Dubbio il presidente dell’Unione Camere penali Gian Domenico Caiazza. Inoltre ci saranno da scrivere i decreti attuativi della riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario, anche se non è detto che il nuovo Governo eserciti la delega. Ma la nostra curiosità si rafforza perché Nordio, pur essendo un ex magistrato, è stato comunque – giusto per ricordare la circostanza più recente – presidente del Comitato per il Sì ai referendum “giustizia giusta”, promossi da Lega e Partito Radicale. Ricordiamo che tra i quesiti c’erano quelli sulla separazione delle funzioni, sponsorizzata per aprire poi alla vera separazione delle carriere, e sui limiti alla custodia cautelare. Ma anche quello sul voto nei Consigli giudiziari degli avvocati in merito alle valutazioni di professionalità dei magistrati: ipotesi invisa a tutte le correnti dell’Anm, tranne a Magistratura democratica, che la considera una fonte in più per una più consapevole analisi della carriera del magistrato.

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Ottenere una risposta tra i togati è impresa difficile, persino in forma anonima. Per molti «sarebbe una indebita interferenza». E non hanno forse torto. Altri preferiscono «attendere» prima di pronunciarsi. L’unico a parlare ufficialmente con noi è il segretario di Magistratura Democratica, Stefano Musolino, che sposta la questione dal nome al programma: «Il presidente del Consiglio farà le sue scelte ed esporrà anche sulla Giustizia i suoi programmi, scegliendo chi dovrà interpretarli. Non immagino, perciò, una differenza sostanziale dipendente dalla persona del ministro. Questa “individualizzazione” del ruolo era tipica dei governi tecnici, con programmi vaghi sulla giustizia. Immagino che il nuovo Governo avrà un chiaro e puntuale programma politico la cui interpretazione non dipenderà troppo dal ministro che sarà nominato. Insomma è tempo di tornare alla politica del confronto di idee, frutto di condivise elaborazioni collettive, piuttosto che di solipsismi individuali».

Bocche cucite sul prossimo ministro della Giustizia: dalla magistratura dichiarazioni dialoganti 

Dall’area centrista nessuna polemica verso il loro ex collega, anzi. C’è chi ci dice che «il fatto che Nordio sia un magistrato significa che almeno ha una visione dall'interno della magistratura, anche se la sua posizione è sempre stata particolare. Lo si giudicherà dai fatti». Un altro aggiunge: «Sicuramente il dato che sostenga le riforme è visto positivamente. Anche se bisogna capire quali riforme». Appunto, se fosse quella della separazione delle carriere si troverebbe probabilmente l’Anm pronta a scioperare di nuovo come ha fatto contro la riforma di mediazione Cartabia su Consiglio superiore della magistratura e ordinamento giudiziario. Un altro ancora fa notare: «Anche lui dovrà fare i conti con la coalizione che lo esprime. Il fatto che, dopo aver accennato alla reintroduzione dell'immunità, abbia precisato che non è parte del suo programma, dimostra che le riforme saranno una sintesi fra le sue idee e quelle di Fratelli d’Italia». Insomma dalla magistratura arrivano, ca va sans dire, sia on che off the record, risposte dialoganti e pacate. Si penserà: come potrebbero fare altrimenti? Però ufficiosamente si sarebbero potuti lanciare dei segnali di preoccupazione e invece abbiamo trovato, nel piccolo bacino in cui abbiamo pescato, una magistratura che al momento non cerca uno scontro con la politica basato al momento solo su propositi, per lo più gridati in campagna elettorale. Forse avranno anche loro colto dei segnali, ad esempio, dalle indiscrezioni lanciate da questo giornale per cui il maggior azionista di Governo non sarebbe pronto subito a mettere mano alle riforme della giustizia, spinto anche dall’esigenza di non andare allo scontro con la magistratura ma mosso soltanto dal migliorare la macchina processuale per i cittadini.