Secondo giorno del Congresso straordinario dell’Unione Camere Penali in corso al Teatro Circus di Pescara, in diretta su Radio Radicale e sui canali social dell’Unione. I lavori si sono aperti con il panel dal titolo “Il difensore dinanzi alle nuove restrizioni dei decreti attuativi”. A coordinare i relatori il Segretario dell’Unione, Eriberto Rosso: «Nella riforma ci sono aspetti positivi ma con i nostri documenti abbiamo sottolineato importanti criticità. Inoltre Governo non ha esteso l’interlocuzione con le Camere Penali in tutte le commissioni per la riforma del processo penale. Poi certo, è stato aggiunto Francesco Petrelli». Intervenuto poi il consigliere della Ministra Cartabia, professore Gian Luigi Gatta: «Il testo è complicato, è stato poco il tempo per elaborarlo. In un anno e mezzo abbiamo scritto la legge delega e i decreti attuativi. Nello stesso periodo sono state adottate la riforma del civile, dell’ordinamento giudiziario, della crisi di impresa. C’è stato un grande impegno dell’ufficio legislativo del Ministero e delle commissioni per rispondere alle esigenze del Pnrr. Abbiamo colto questa congiuntura per fare riforme di sistema. La riforma andrà studiata da parte della dottrina, degli avvocati e dei magistrati e poi applicata. Il contesto non va dimenticato: è giusto che l’accademia e l’avvocatura critichino la riforma. Però bisogna ricordare il tempo a disposizione e da dove si partiva, ossia il ddl Bonafede. A ciò va aggiunta una situazione politica particolare con una maggioranza composta da partiti con sensibilità diverse. Eppure sono state fatte scelte coraggiose e innovative. Il ruolo dell’avvocatura oggi è importante in due direzioni: il cantiere delle riforme della giustizia penale è sempre aperto. C’è molto da fare ma anche da perfezionare. Se potessi fare un invito: apprezzare gli aspetti positivi e apportare miglioramenti alle parti critiche. O completare gli aspetti da completare come la parte delle pene sostitutive.  L’altro ruolo dell’avvocatura è nell’applicazione della riforma, di aggiornamento, contribuire con le scuole alla formazione. Non è una riforma populista, non è neanche efficientista: si è cercato un equilibrio tra esigenze di efficienza e le garanzie. L’efficienza del processo va difesa come valore». Molto duro invece il professore Oliviero Mazza: «Il senso della riforma si coglie nell’insieme più che nei dettagli. La svolta arriva al termine di una legislatura in cui la politica ha vissuto tre pericolosissimi ismi: giustizialismo, populismo, efficientismo. Quest’ultimo rappresentato dalla riforma Cartabia che però è debitrice dell’impianto originario del ddl Bonafede che non si è avuto il coraggio di abbandonare. Una riforma del genere avrebbe meritato un foglio bianco. Gli ismi hanno in comune: idiosincrasia per il dibattimento, adiaforia per i valori costituzionali sacrificati sull’obiettivo politico, disprezzo per la presunzione di non colpevolezza» in riferimento ad una parte della riforma relativa alla giustizia riparativa. E qui grandi applausi da parte della platea dei penalisti. Critica verso la riforma del processo penale anche la professoressa Antonella Marandola: «Abbiamo dato alle ortiche il modello accusatorio. Il processo ormai è online, queste registrazioni sono pericolose, si darà tutto per visto. Stiamo verso un modello inquisitorio. Si vogliono evitare i processi d’appello: si dà apertura massima alla sanzione dell’inammissibilità. Abbiamo perso il contraddittorio, l’oralità, l’immediatezza, il controllo». Ha concluso l’avvocato Francesco Petrelli che ha replicato indirettamente al professor Gatta sull’opportunità alla base della riforma di mediazione Cartabia: «Le emergenze e le crisi in Italia sono sempre state il luogo di produzione delle modifiche del nostro codice sostanziale e di procedura. Basti pensare ai pacchetti sicurezza. Si tratta di un dato fisiologico e come spesso si tende a sottolineare non sempre negativo, perché si dice che la crisi dà una opportunità di nuove idee e sperimentazioni. E però va fatta una attenta distinzione perché se vogliamo intendere la crisi e il rimedio ai problemi che la crisi pone come una opportunità non possiamo dimenticare la base valoriale di riferimento. Se quella soluzione tradisce quella base non possiamo più parlare di opportunità ma dobbiamo declinare il nostro giudizio affermando con forza che si è trattato di un opportunismo. Nel caso della stabilizzazione del rimedio della cartolarizzazione non vi è dubbio che è venuta ad emersione un'antica diffidenza nei confronti della parte dialogica delle impugnazioni».