Finalmente lunedì scorso è stata diramata la circolare del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) sulle telefonate e colloqui tra detenuti e famigliari. Parliamo della circolare annunciata dal capo Carlo Renoldi a radio radicale. Di fatto è una sorta di stabilizzazione dell’esistente, ribadendo ai direttori del carcere la loro possibilità discrezionale di autorizzare i colloqui visivi o telefonici oltre i limiti stabiliti dal regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario. Di fatto non rivoluziona nulla, ma il contenuto della circolare, soprattutto la parte in cui spiega l’importanza dei colloqui e quindi del mantenimento dell’affettività, può aprire la strada al cambiamento. Ovvero alla modifica del regolamento penitenziario del 2000, dando così, a questa decisione, un quadro regolamentativo ampio e definitivo. Ma questo dovrà essere il compito del nuovo governo capitanato dalla leader di Fratelli D’Italia Giorgia Meloni, che almeno all’apparenza è poco incline all’umanizzazione della pena.

La circolare, in premessa, parte dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, che tutelano la famiglia e i suoi componenti, e l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, a mente del quale «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare», riconoscono a ciascun individuo il fondamentale diritto al mantenimento delle relazioni socio- familiari. Le limitazioni all’esercizio di tale diritto devono essere previste dalla legge e possono essere giustificate unicamente da esigenze di pubblica sicurezza, di ordine pubblico e di prevenzione dei reati, nonché di protezione della salute o dei diritti e delle libertà di altre persone.

Coerentemente con la richiamata cornice costituzionale e convenzionale, l’articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (la legge penitenziaria) stabilisce che «particolare cura e dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie». E a tal fine, numerose disposizioni dell’ordinamento penitenziario valorizzano i colloqui visivi e la corrispondenza telefonica, quale strumento per l’esercizio del diritto delle persone detenute al mantenimento delle relazioni con i propri congiunti. Uno è quell’articolo 73, comma 3, del regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, che contempla il mantenimento del di ritto ai colloqui con i familiari anche nel caso in cui la persona detenuta venga sottoposta alla sanzione disciplinare della esclusione dalle attività in comune.

Dunque - sottolinea la circolare - per tutte le persone detenute o internate, indipendentemente dal regime penitenziario cui sono sottoposte e dal circuito in cui sono inserite, la legge penitenziaria e il relativo regolamento di esecuzione stabiliscono la possibilità di avere contatti con l’ambiente esterno secondo tre modalità fondamentali: i colloqui visivi, telefonici ed epistolari. Quest’ultima, da sempre, è stata per via cartacea, ovvero la classica lettera. Ma da tempo, in alcune carceri si sta diffondendo il ricorso alle e- mail, oggi fruibile dalle persone detenute unicamente attraverso il servizio prestato, dietro corrispettivo, da cooperative ed enti di patronato.

Il Dap, in questa circolare, spiega che questa innovazione, nel prossimo futuro, imporrà un intervento regolatore da parte del Dipartimento volto a consentire la fruizione di tale strumento, ormai diffusissimo, in un contesto organizzativo al passo con i tempi, in grado di sfruttare, anche in quest’ambito, le opportunità della moderna società tecnologica, ovviamente in condizioni di piena sicurezza rispetto al rischio di un sempre possibile utilizzo illecito del mezzo. Ma anche qui parliamo delle buone intenzioni visto che il Dap, con il nuovo indirizzo di Governo, potrebbe cambiare radicalmente orientamento. Altra modalità innovativa, introdotta nel 2019 e risultata decisiva durante l’emergenza covid 19, è l’utilizzo delle videochiamate consentito tramite la piattaforma Skype for business.

Con la circolare del 2019, si è specificato che la videochiamata deve essere equiparata ai «colloqui visivi» previsti dall’articolo 18 dell’ordinamento penitenziario. Successivamente, con l’emergenza legata al covid- 19 e la conseguente necessita, da un lato, di incentivare le forme di comunicazione a distanza rispetto ai colloqui in presenza e, dall’altro lato, di consentire più frequenti contatti tra le persone detenute e l’ambiente esterno, ha portato all’ introduzione di significative novità normative con riferimento ai colloqui e alle telefonate. La parte più significativa è l’aver stabilito che il ricorso alla videochiamata può essere autorizzato oltre i limiti stabiliti dall’articolo 39 del regolamento dell’esecuzione penale.

La circolare del Dap, evidenzia che sul versante delle conversazioni telefoniche non sostitutive dei colloqui in presenza previste dal regolamento, si è stabilito, in primo luogo, che la relativa autorizzazione, quando non riguardi i detenuti al 41 bis, possa essere concessa, oltre i limiti stabiliti dal comma 2 del medesimo articolo 39, in considerazione di motivi di urgenza o di particolare rilevanza, nonché in caso di trasferimento del detenuto e, soprattutto, che essa possa essere disposta, addirittura una volta al giorno, ove la corrispondenza telefonica si svolga con figli minori o figli maggiorenni portatori di una disabilità grave oppure con il coniuge, con l’altra parte dell’unione civile, con persona stabilmente convivente o legata all’internato da relazione stabilmente affettiva, con il padre, la madre, il fratello o la sorella del condannato qualora gli stessi siano ricoverati presso strutture ospedaliere. In sostanza si ribadisce l’ampia discrezionalità che hanno i direttori delle carceri su questo fronte.

Il Dap dà anche indicazioni operative per il prossimo futuro. Il ricorso alle videochiamate appare certamente da favorire: il colloquio a distanza, secondo quanto viene evidenziato nella circolare, può essere interrotto in ogni caso di condotte inappropriate, consentendo al contempo di soddisfare le sempre essenziali e imprescindibili esigenze di sicurezza. A maggior ragione, secondo il Dipartimento deve essere estesa anche ai detenuti dell’Alta Sicurezza, tenuto conto degli effetti positivi che, anche rispetto ai soggetti inseriti in quest’ultimo circuito, essa ha comportato sul piano trattamentale.

La circolare è sicuramente una buona premessa, ma non fa che stabilizzare il presente e senza una vera riforma del regolamento come dice da tempo l’associazione Antigone, non cambia di fatto quasi nulla. Non solo. Se si vuole applicare al meglio, ciò che già è concesso, bisogna anche attuare un piano di adeguamento strutturale. Il Dubbio, sondando un po’ gli umori di diversi direttori del carcere, rileva che diverse strutture penitenziarie hanno ad esempio poche linee telefoniche.

Ci sono carceri che hanno un vecchio centralino, e i direttori non possono autorizzare telefonate giornaliere, altrimenti ci sarebbe il collasso. Quindi per garantire l’affettività in carcere ci vuole una modifica del regolamento dell’esecuzione dell’ordinamento penitenziario e un piano di adeguamento attraverso nuove centraline telefoniche, fibre ottiche e sale adeguate. Ci sarà la volontà? Nel frattempo, nei penitenziari aumentano i suicidi e sale la tensione. La risposta non potrà essere quella repressiva, ma solo quella umanitaria come recita il nostro articolo della costituzione italiana. Articolo che non va modificato come era stato paventato da un deputato di FdI, ma semplicemente attuato.