La teoria è sempre la stessa: bisogna parlare di temi e contenuti, non di nomi. Ma anche la pratica, puntualmente, è sempre la stessa: si parla solo di nomi. Il Congresso del Partito democratico non è ancora iniziato, anzi i dem hanno appena subito la sconfitta per mano del centrodestra, ma i candidati alla guida del Nazareno già spuntano come funghi.

«Con una media di un paio di autocandidature al giorno, se siamo bravi nel giro di un paio di mesi possiamo arrivare a una sessantina di candidati a un congresso che non è nemmeno stato convocato - ha scritto ieri sui social Matteo Orfini, ex presidente del partito - Mi pare geniale, abbiamo capito tutto».

Partito democratico, chi si candida alla segreteria

Per prima si è candidata l’ex ministra dei Trasporti nel Conte bis, Paola De Micheli. E si stanno facendo strada anche alcuni sindaci, dal primo cittadino di Pesaro, Matteo Ricci, a quello di Firenze, Dario Nardella, fino al presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro. Chi più chi meno, tutti con lo stesso leitmotiv: sono pronto a dare una mano se serve. Che, tradotto, significa che a specifica richiesta sarebbero pronti a scendere in campo.

Il non detto è che in realtà il loro atteggiamento può essere semplicemente una copertura al vero candidato che arriva dia territori, e che tutti in sindaci sopracitati sarebbero pronti a sostenere: Stefano Bonaccini. Che infatti per il momento rimane in sordina, se non per i complimenti fatti a Meloni poche ore dopo l’esito del voto e una mappa postata sui propri canali sociale in cui emerge che la gran parte dei comuni in cui il Pd è primo partito sono quelli della dorsale emiliana, feudo dello stesso Bonaccini. Il presidente dell’Emilia-Romagna sta preparando un tour nelle grandi città per un giro di ascolto dei vertici locali del partito e dei militanti, cosa da poter dire di essere pronto solo dopo aver ricevuto l’endorsement della base.

A proposito di sindaci, ieri si è fatto sentire anche il primo cittadino di Milano, Beppe Sala. «Per cambiare veramente non basta sostituire un segretario con un altro o un’altra, peraltro secondo una scansione che sta ormai diventando una brutta tradizione (composizione delle liste elettorali, sconfitta, dimissioni del segretario che quelle liste ha composto) - ha spiegato - C’è un problema è più profondo, l’abbiamo capito tutti, e io aggiungo che ci sono delle urgenze vere, certamente più sentite dai cittadini rispetto alla corsa a candidarsi a guidare il Pd».

Intanto il segretario uscente, Enrico Letta, ha convocato per giovedì prossimo la Direzione del partito, «per un percorso congressuale inclusivo e aperto che vada alla radice dei problemi e affronti le sfide che stanno di fronte alla nostra comunità». Comunità della quale fanno parte, e vogliono continuare a far parte, coloro i quali non vedono di buon occhio un’eventuale corsa di Bonaccini, e che si stanno muovendo di conseguenza. Cioè i vari Franceschini, Provenzano, Orlando, Boccia.

In Senato si parla di quest’ultimo come possibile capogruppo dem a palazzo Madama, il che sarebbe un’indicazione chiara su chi comanda ancora al Nazareno. Al tempo stesso, se Romano Prodi ha dichiarato che non sosterrà nessuno al Congresso, secondo fonti interne ai dem la segreteria uscente sta preparando la corsa a Elly Schlein, che però al momento non è nemmeno iscritta al partito. «Partiamo dalle idee e dalla proposte - ha detto ieri lo stesso Orlando - Con l’inflazione agli attuali livelli, la prima proposta di legge e la prima campagna nel Paese del Pd deve essere per l’introduzione di un salario dignitoso per tutti i lavoratori». Quel che è certo è che per il Pd sarà un autunno caldo. Molto caldo.