Autocandidatura? «Un’assurdità». Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia, smentisce categoricamente, in un’intervista al Messaggero, di aver fatto un passo avanti per proporsi come successore di Marta Cartabia al ministero della Giustizia. Un’ipotesi rilanciata dalle pagine del Dubbio, che ha ripreso un’intervista dell’ex magistrato al Gazzettino, in cui si diceva tentato dal mettere piede a via Arenula per sistemare le storture della Giustizia, toccate con mano nei disastrati Tribunali italiani. Nessuna autopromozione, dice dunque Nordio, che però al quotidiano romano ribadisce di essere disponibile anche ad occupare la casella di guardasigilli. «Ho già detto che per la mia preparazione tecnica mi riterrei più adatto in commissione Giustizia, in quanto è lì che si elaborano le leggi - ha evidenziato -. Certo, avendo visto la situazione disastrata degli uffici giudiziari, la tentazione di entrare al ministero e di colmare rapidamente gli organici e di implementare le risorse sarebbe molto forte. In ogni caso sarebbe irriverente pronunciarsi su una nomina che spetta al Capo dello Stato». Tradotto: il garbo istituzionale impone il silenzio, lo stesso che rivendicano tutti i partiti di centrodestra in un momento delicato come quello attuale. Tant’è che la stessa premier in pectore, Giorgia Meloni, si è vista costretta, tramite Twitter, a mettere a tacere le voci che raccontano dei primi malumori interni in vista della formazione dell’Esecutivo. «Continuo a leggere irreali ricostruzioni in merito a eventuali ministri di un Governo di centrodestra - ha cinguettato la leader di Fratelli d’Italia -. Dopo fallimentari gestioni come quella di Speranza & Co. vi assicuro che stiamo lavorando a una squadra di livello che non vi deluderà. Non credete alle bugie che circolano». Insomma, nessuna certezza al momento. Se non quella di avere due candidati in prima fila per il dopo Cartabia: Nordio, appunto, eletto tra le file di FdI, e Giulia Bongiorno, tra i volti più importante della Lega. I giochi di potere tra i partiti prevedono una spartizione precisa dei ministeri chiave. Mentre per l’Economia si fa largo il nome di un tecnico, Interni, Esteri, Difesa e Giustizia saranno assegnati in base ai risultati delle elezioni, ovvero uno alla Lega, uno a Forza Italia e due a Fratelli d’Italia. Il nome di Bongiorno, ovviamente sponsorizzato dal leader del Carroccio Matteo Salvini, sarebbe gradito anche a Silvio Berlusconi. Ma ciò allontanerebbe ulteriormente l’ex ministro dell’Interno dal Viminale, dove è intenzionato a rimettere piede. Il nome dell’avvocato Bongiorno sarebbe una soluzione utile per evitare quegli attriti con il mondo della magistratura associata (nonché con le toghe fuori ruolo al ministero, circa un centinaio) che appaiono inevitabili nel caso in cui via Arenula venisse assegnata a Nordio. L’ex procuratore aggiunto di Venezia, infatti, più volte è entrato in contrasto con Anm e Csm, non nascondendo le sue critiche nei confronti dei colleghi. Ma l’ago della bilancia, al momento, sembra pendere proprio nella sua direzione. E la sua nomina sposterebbe la responsabile Giustizia della Lega sulla casella della Pubblica amministrazione, già occupata dal primo giugno 2018 al 5 settembre 2019 nel governo Conte uno. Sul fronte giustizia lo scopo del centrodestra sarebbe comune, con la volontà di rimaneggiare la riforma Cartabia, a partire da quella sul Csm. Dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri dei decreti delegati su civile, penale ed ufficio del processo, rimane infatti da chiudere l’iter della riforma dell’ordinamento giudiziario. Il governo avrà tempo fino al 21 giugno 2023 per esercitare la delega, ma non è detto che ciò avvenga. E ciò per realizzare riforme di più ampio respiro, a partire dalla separazione delle carriere, che necessita però di un percorso più lungo, trattandosi di riforma costituzionale. Sul punto i tre partiti di maggioranza sono d’accordo, così come sulla soppressione dell’obbligatorietà dell’azione penale, e potrebbero trovare una sponda nel Terzo Polo, che si è detto pronto a discutere sulla già annunciata volontà di Fratelli d’Italia di cambiare la Costituzione, che potrebbe dunque concretizzarsi proprio partendo dalla Giustizia. Bongiorno ha mantenuto nelle ultime settimane un profilo più soft, pur essendo noto il suo giudizio negativo sulla riforma Cartabia, a suo dire «anacronistica». La vera soluzione, aveva spiegato al Dubbio, «è una riforma costituzionale», a partire dai referendum. Nordio ha invece chiarito con numerose interviste il suo piano per la giustizia, a partire dall’abolizione della legge Severino e dell’abuso d’ufficio. Ma oggi «la priorità è l'economia, e quindi anche gli interventi più urgenti sulla giustizia sono quelli che possono incidere subito sul bilancio», ha sottolineato. E per quanto riguarda l’idea di rivedere la Costituzione, «ovviamente si può e si deve farlo solo con il concorso e il contributo della maggior parte delle forze politiche - ha concluso -. Personalmente preferirei un'Assemblea Costituente».