Cateno De Luca? Fuori dalle regole, senza peli sulla lingua, un vero e proprio tornado. Forse preso poco sul serio dai politici in giacca e cravatta, quelli che in lui vedevano solo un uomo in cerca di palcoscenico, capace di mettersi in mutande nella sala stampa dell'Assemblea regionale siciliana, nel 2007, avvolto dalla bandiera italiana, con la Bibbia in una mano e una riproduzione di Pinocchio nell’altra. Una protesta, la sua, contro la decisione dell'allora presidente dell'Ars di non inserirlo in commissione bilancio. Ma uscita dopo uscita, invettiva dopo invettiva, Cateno - alias “Scateno” - ha costruito un vero e proprio fortino, capace di raccogliere alle regionali in Sicilia il 24,5%, alle spalle di quel Renato Schifani che in lui vede solo «un giullare». De Luca, dal canto suo, non ha una considerazione migliore del neo governatore. «Non voglio avere a che fare con questi personaggi che da 30 anni gestiscono il potere - ha dichiarato -. Ci aspettavamo una reazione di popolo che non c'è stata». Il suo sogno di diventare sindaco della Sicilia prima e d’Italia dopo, però, non si arresta. E c’è da tenerlo d’occhio, stando a sentire chi nella politica ci sguazza da tempo. Come il coordinatore di Forza Italia in Sicilia Gianfranco Micciché, che aveva avvisato tutti quelli che non lo consideravano un vero rivale: «Avevo già detto che dovevamo stare attenti a non sottovalutare questo fenomeno - ha commentato ieri -. Io non l’ho sottovalutato, anzi, l’ho sempre considerato una vera potenzialità e l’ho sempre trattato per quello che è: non come una rottura di scatole, ma una forza politica che oggi non so se alla fine rappresenterà il 20% o il 25% dei siciliani, quindi certamente una cifra importante». Nel 2017, fresco di elezione all’Ars nello schieramento di centrodestra a sostegno di Nello Musumeci, venne arrestato per un’evasione fiscale da un milione e 750mila euro. E nemmeno in quell’occasione rimase in silenzio: «Cateno De Luca non si farà macinare dal fango - aveva urlato dalla sua pagina Facebook -, fino a quando avrà l’ultimo respiro si difenderà in tutti i luoghi». “Scateno” finì nella lista degli impresentabili, anche se quella vicenda, a distanza di cinque anni, si è conclusa con un’assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste. Ma il suo rapporto con la magistratura risale al 2011, quando finì ai domiciliari con l'accusa di tentata concussione e falso perché avrebbe usato fondi pubblici destinati alla costruzione di opere di contenimento di un torrente a rischio esondazione per realizzare un albergo a Fiumedinisi, procedimento che si concluse nel 2017, con l’assoluzione per i reati di abuso d’ufficio e falso e la prescrizione dell’accusa di tentata concussione. La gogna, dunque, non lo ha mai fermato. E nonostante processi e inchieste evaporati nel nulla - al punto da definirsi «perseguitato» dalle toghe -, messaggio social dopo messaggio social, è arrivato a guidare Messina, nel 2018, strappando la città a Renato Accorinti. Nel marzo 2020, durante le prime fasi della pandemia, da sindaco bloccò il transito dei passeggeri in arrivo in Sicilia al porto di Messina. E nel corso di una diretta Facebook lanciò strali contro la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, che lo querelò per vilipendio, ritrovandosi costretto a pagare, l’anno successivo, una multa di 1.500 euro. Ma De Luca è un personaggio eclettico, tanto da sognare Sanremo assieme alla sua band, “I Peter Pan”, con i quali lo scorso anno, da ottobre a dicembre, è andato in tour in giro per la Sicilia per raccogliere fondi per la realizzazione della Casa del Musicista a Fiumedinisi. E ora ricomincerà da capo, con una nuova sfida: diventare sindaco di Taormina. Toccherà ascoltare Micciché: di certo non si fermerà davanti a niente.