Immagino il godimento procurato a Matteo Renzi dalla monografia del “camaleontico” Giuseppe Conte scritta a nove mani, fra autori e coordinatori, per la Repubblica di venerdì scorso e quella più solitaria ma ugualmente urticante di Giuliano Ferrara sul Foglio. Che però si è tolta alla fine - in cauda venenum, come dicevano nell’antica Roma - la soddisfazione di ricordare al suo ex “royal baby” dei primi tempi declinanti di Silvio Berlusconi la permanente insidia anche per i “liberalriformisti” del cosiddetto terzo polo costituita dall’ultima versione molto di sinistra del presidente del MoVimento 5 Stelle.

«L’uomo di Volturara Appula, ridente paesino dell’Italia autentica», ha chiosato il fondatore del Foglio trattenendo per sé il segreto addirittura di Google su quella terra pugliese una volta infestata di avvoltoi. Più contesti o deprezzi Conte più fai felice Renzi, che non si lascia scappare occasione per vantarsi di averlo salvato nel 2019 da un turno anticipato di elezioni reclamato da Matteo Salvini sulle spiagge della Romagna per ottenere i famosi e imprudenti «pieni poteri», ma di averlo poi disarcionato da Palazzo Chigi per farvi arrivare il per niente stanco e abulico Mario Draghi immaginato, descritto e quant’altro dagli estimatori del professore e “avvocato d’affari”, si diceva prima ch’egli stesso si scoprisse “avvocato del popolo”. Ora addirittura delle plebi, soprattutto meridionali.

Spavaldo sino alla provocazione, più ancora dello stesso Conte, tanto da compiacersi nell’ultimo libro ancora fresco di stampa dell’antipatico o del “mostro” che gli danno gli avversari, Matteo Renzi ha in qualche modo concluso la sua campagna elettorale annunciando di avere querelato per diffamazione il Camaleonte, che lo aveva appena sfidato a comiziare al Sud, «senza scorta», contro il cosiddetto reddito… grillino di cittadinanza: una fortuna simile alle scarpe e agli spaghetti della buonanima di Achille Lauro. Ah, Renzi, Renzi. Pure tu scommetti sulla via giudiziaria alla politica….