«I diritti vanno sempre difesi quando sono stati conquistati. Soprattutto sui diritti dei figli nati da coppie dello stesso sesso, probabilmente ci sarà bisogno di un altro intervento del legislatore. La Corte ha fatto quello che ha potuto, garantendo la genitorialità, l’affettività della famiglia». A dirlo, in un’intervista al Tg1, è Silvana Sciarra, neo eletta presidente della Corte costituzionale. Che appena scelta alla guida della Consulta è subito stata etichettata come «una fan dei figli gay» e giudice politicamente schierato (insomma, una toga «rossa»). Ciò anche in virtù della sua nomina parlamentare: fu scelta dalle Camere nel 2014 su proposta del Partito democratico, poi condivisa dal M5S, che la votò online sulla piattaforma Rousseau e pensò a lei anche come possibile Presidente della Repubblica. Ma il sobrio discorso di Sciarra, che ha ribadito la fiducia nelle istituzioni e l’esigenza di pluralità, ha trovato il proprio epicentro nelle garanzie e nei diritti: dalle donne ai lavoratori, passando per i detenuti e le persone fragili «nell’ottica dell’inclusione e della ragionevolezza» e in piena collaborazione con il Parlamento. Le decisioni della Corte in tema di omogenitorialità potrebbero però non piacere ad un futuro governo di centrodestra. E non si è fatto attendere, sul punto, il commento di uno dei più grandi nemici delle famiglie arcobaleno, ovvero Mario Adinolfi, presidente nazionale del Popolo della Famiglia e co-fondatore di Alternativa per l’Italia. «La presidente della Corte costituzionale non è una personalità che riconosciamo come garante dell’ordinamento giuridico della nazione. Ha inforcato gli occhiali dell’ideologia Lgbt e ha già dimostrato come le lenti arcobaleno offuscano la vista. Le “famiglie arcobaleno” dal punto di vista costituzionale non esistono». Fiduciosa, invece, la senatrice dem Monica Cirinnà, secondo cui «la nomina della presidente Sciarra è una buonissima notizia per noi che ci occupiamo di diritti. Resta l’amarezza di un Parlamento troppo spesso immobile sulle grandi questioni che riguardano la vita delle persone, troppi parlamentari scelgono la strada di decidere e di non decidere». Un immobilismo stigmatizzato anche dalla Consulta, che con la sentenza 32 del 2021, della quale Sciarra era relatrice, aveva richiamato il legislatore, chiedendo di risolvere il vuoto di tutela per le bambine e i bambini delle famiglie arcobaleno, ricordando che spetta prioritariamente al Parlamento individuare il «ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana». Ciò per fornire, in maniera organica, adeguata tutela ai diritti del minore «alla cura, all’educazione, all’istruzione, al mantenimento, alla successione e, più in generale, alla continuità e al conforto di abitudini condivise», evitando di generare disarmonie nel sistema. «Tuttavia, il grave vuoto di tutela non sarà più tollerabile se si protrarrà l’inerzia del legislatore», aveva sottolineato la sentenza. Un’urgenza che ora la presidente della Consulta ha ribadito, ricordando l’esigenza di difendere i diritti anche quando sembrano acquisiti. Un possibile “scontro” con il Parlamento, però, non sembra preoccupare Sciarra: «Non ho motivo di credere che le nostre pronunce, vincolanti e che in un certo senso circoscrivono l’intervento del legislatore, verranno ignorate - ha sottolineato -. Dopodiché il Parlamento può tornare ad esercitarsi sugli stessi argomenti in piena autonomia».