Ho letto con vero interesse la lettera affidata alla stampa dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, Dottor Bortolato. Da sempre penso (e quando mi viene permesso, affermo) che per conoscere bisogna guardare dentro e per capire toccare con mano la realtà delle situazioni. Il Dottor Bortolato lo ha fatto, è entrato a Sollicciano e, su invito a vedere, ha varcato il cancello di una sezione e si è trovato immerso nella disperazione di un girone dantesco quale è qualunque corridoio o cella di un carcere in questo ed in altri periodi. Ne ha ricavato turbamento ma anche, direi, una nuova consapevolezza e credo, spero, nuova assunzione di responsabilità. Stessa cosa è capitata al Sindaco Dottor Nardella nelle due volte che è entrato a Sollicciano: abbiamo “registrato” le sue parole e gliene faremo memoria, finita la fase elettorale. Dunque entrare, farsi aprire i cancelli, guardare da vicino come vivono i detenuti e come sono costretti a lavorare gli operatori, ascoltare tutti, è utile, forse necessario. Dall’ordine e dalla pulizia di un ufficio non è possibile farsene una idea. Questa mia è per sollecitare coloro che hanno altre competenze sul carcere, a entrare nelle sezioni, a parlare in diretta coi detenuti lì rinchiusi, a osservare gli operatori nello svolgere un lavoro faticoso e poco dignitoso. Non voglio parlare di questioni economiche e ridurre tutto ai finanziamenti che mancano per il necessario e ci sono per il superfluo. Forse però occorrerà cominciare a pensare a come la crisi energetica e sociale generale potrà rovesciarsi sul carcere, già adesso e nei prossimi mesi. Un’ultima considerazione: è sì necessario entrare, guardare, assorbire ma poi occorre agire di conseguenza, testimoniare, cercare di dare un contributo alla soluzione dei problemi, per quanto possibile e non rinchiudersi nei comodi uffici. Sono testimone della fatica e delle difficoltà nell’incarnare il ruolo di chi vede, sente e parla, di chi cerca di portare l’attenzione sui problemi veri. Costa, costa in solitudine ed in ostacoli ulteriori alle proprie attività. Costa, ma la sofferenza che sento attorno ogni volta che passo quei cancelli, non ha prezzo. Vincenzo Russo, cappellano del carcere Sollicciano di Firenze