Per capire il clima che c’è tra Lega e Fratelli d’Italia, amici- nemici nella coalizione di centrodestra, bastava osservare ieri le facce di senatori e senatrici di Fratelli d'Italia mentre il leader del Carroccio, Matteo Salvini, tuonava contro dem e grillini e chiedeva a gran voce decine di miliardi anche utilizzando uno scostamento di bilancio. Per usare un eufemismo, quelle facce erano alquanto perplesse. Di applausi, da quella parte di emiciclo durante l’intervento- comizio del Capitano, neanche a parlarne.

«Meglio tredici miliardi di zero», ha affermato il leader del Carroccio in riferimento al prossimo decreto Aiuti che il governo sta mettendo in piedi e ricordando che «la Lega chiede da mesi trenta miliardi». E quando dai banchi della Lega Salvini ha apostrofato l’Aula come «un po' vacanziera, un po' ridanciana e un po' assente», è stato il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, che in quel momento presiedeva la seduta, a richiamare l’ex ministro dell’Interno chiedendogli di «attenersi al tema» e di «non stimolare commenti».

Le parole di Salvini avevano infatti suscitato urla e vocii tra i banchi di Pd e Movimento 5 Stelle, con tanto di «parlarci delle tue assenze» da parte di un deputato dem. In mezzo alla bagarre, i volti di quei senatori di Fd’I che da settimane cercano di mostrarsi come moderati e affidabili in caso di formazione di un futuro governo, non potevano che nascondere un malcelato imbarazzo. «Volevo semplicemente portare la voce degli agricoltori, dei baristi, degli imprenditori, dei falegnami, dei pensionati - ha elencato Salvini non lamentatevi se poi non vi votano la settimana prossima e non lamentatevi se votano il centrodestra».

Simona Malpezzi, capogruppo dem in Senato, replica decisa: «votano la Meloni, non il centrodestra». E il punto è proprio questo. In via Bellerio l’ipotesi di una Caporetto, con la Lega sotto al 12 per cento e forse anche a ridosso della doppia cifra, con Fratelli d'Italia, oltre il 30 per cento al Nord, non è più utopia, e qualcuno, come direbbe il presidente del Veneto, Luca Zaia, comincia a “ragionarci sopra”.

«Ciascun partito della coalizione ha un suo programma e ovviamente ognuno cercherà di far pendere la bilancia dalla propria parte, in base ai voti - è il ragionamento che ci concede un leghista di lungo corso come Roberto Calderoli. Dopodiché a elezioni concluse vedremo i risultati e parleremo di quello che c’è da fare». Ma è proprio su quel che c’è da fare, ad esempio in tema di politica economica visto l’aumento del costo dell’energia, che Lega e Fratelli d’Italia hanno idee opposte. A favore dello scostamento di bilancio, l’uno; contraria, l’altra. «Oggi abbiamo un governo in carica e a lui chiediamo - continua l’esponente del Carroccio - La gente vota sulla base dei programmi, e quel che è certo è che rispetto alle altre coalizioni il centrodestra ha presentato un unico programma formale». Che, aggiungiamo noi, il giorno dopo il voto potrebbe essere già accantonato.

Perché Giorgia Meloni è fin troppo chiara ormai da settimane, si dichiara atlantista, disposta a continuare ad armare Kiev e a favore delle sanzioni contro Mosca, è contraria a fare nuovo debito e preferisce glissare sull’argomento autonomia. Ma se sulla questione degli armamenti all’Ucraina ora anche Salvini ha cambiato parere, almeno a parole, sull’autonomia sono i suoi presidenti di Regione più popolari, cioè lo stesso Zaia e Massimiliano Fedriga, a pretendere che non si faccia alcun passo indietro.

«Conosco il valore dell’autonomia, se interpretata correttamente, e per questo non sono un partigiano del decentramento - commenta uno dei colonnelli di Fd’I come Luca Ciriani - Ma dal referendum del 2017 sono passati cinque anni in cui noi non abbiamo governato e dunque sono altri che, in caso, avrebbero dovuto fare delle sollecitazioni sul tema». Il riferimento, ovviamente, è alla Lega, che ha fatto parte dell’esecutivo per più della metà di questa legislatura. «Certo se ne può ragionare - continua l’esponente di Fratelli d'Italia. Ma in maniera equilibrata e seria, senza slogan, e solo se questo si coniuga con il presidenzialismo: autonomia e presidenzialismo sono due concetti che vanno di pari passo ma l’importante è che l’approccio sia pratico e non ideologico».

Una stoccata che poi viene rimarcata quando si tocca l’argomento scostamento di bilancio. «Abbiamo sempre maneggiato con molta cura il tema dello scostamento di bilancio, che significa maggiore debito per un paese già indebitato fino al collo - continua Ciriani - Se fai debito bisogna che qualcuno lo compri e quindi lo scostamento di bilancio, per affrontare il caro bollette, è l’extrema ratio: il voto di ieri dovrebbe garantire altri 14 miliardi e vedremo se saranno sufficienti». Il problema è che Salvini ha già detto a gran voce che quei soldi non basteranno, che ne servono almeno il doppio o forse il triplo. Insomma tutto, in fin dei conti, dipenderà dai voti che prenderanno i due partiti. Quello dell’uno, rispetto all’altro, potrebbero essere il doppio. O forse il triplo.