Sono sopravvissuti grazie ad un dattero al giorno, tra quelli che una delle donne aveva portato con sé: di questo si sarebbero nutriti per oltre 15 giorni i 28 migranti sbarcati lunedì scorso a Pozzallo e che hanno visto la morte di fame e sete di sei tra loro, tra cui due bambini di 1 edue anni di età. Lo apprende l’AGI. Il barchino potrebbe aver perso la rotta e, finiti la benzina ei viveri, la situazione è diventata drammatica. La piccola imbarcazione è stata poi soccorsa da un mercantile, l’Arizona, nel canale di Sicilia e poi trasbordati sulla Cp325 della Guardia costiera e portati in 26 a Pozzallo. Una zia con la nipotina sono a Malta, trasferite in elisoccorso dalla Arizona prima del trasbordo, per le condizioni estremamente critiche. La rotta - apprende ancora l’AGI - poteva non essere verso l’Italia: potrebbe essere stata la Grecia la loro destinazione. L’ipotesi potrebbe avere un fondamento logico: non si affrontano oltre mille miglia in mare senza scorte di carburante. Dalla Turchia generalmente partono velieri e imponenti motopesca se la destinazione è l’Italia. Probabilmente i migranti non avevano alcun telefono satellitare per chiedere aiuto. Una nave ha lanciato delle casse d’acqua che i superstiti non sono riusciti a prendere. A qualche giorno dai primi decessi, senza alcun orizzonte di terra in vista, è arrivata la decisione più difficile da assumere: sotto il sole cocente che accelerava i processi di decomposizione, i corpi dei deceduti sono stati consegnati al mare. Lasciati andare, non gettati, come si è detto ripetutamente in questi giorni. Il presunto scafista, un cittadino turco è stato sottoposto a fermo. È, adesso, nel carcere di Ragusa. Ieri la convalida del fermo.