Nessuno osi dire che il Partito democratico vuole affossare il ddl sull’equo compenso. A sostenerlo sono fonti dem, che rispediscono al mittente le critiche di chi, a destra, vuole scaricare sul partito di Enrico Letta la responsabilità dello stop subito dal disegno di legge. Il cui destino è ora appeso ad un filo, nella speranza che dalla conferenza dei capigruppo convocata per domani alle 13 esca fuori un’intesa per inserire in calendario il provvedimento, che attende solo l’ok del Senato per diventare legge. L’accusa è che la sinistra stia tentando di mettere i bastoni tra le ruote al ddl voluto dai partiti di centrodestra (prima firmataria Giorgia Meloni), lanciatissimi in questo ultimo scorcio di campagna elettorale e dati per vincenti alle elezioni. Accontentare oltre un milioni di professionisti - questo il retropensiero - significherebbe dare un assist a Meloni nella sua corsa verso Palazzo Chigi. Ma si tratterebbe di accuse infondate, secondo il Pd, che ricorda come a bloccare i lavori - e non solo per quanto riguarda l’equo compenso - sia stata la caduta del governo, voluta proprio dal centrodestra. Sono diversi, infatti, i provvedimenti che rischiano di finire in un cassetto per via della fine anticipata della legislatura: «Abbiamo cercato di migliorare il testo correggendo alcune criticità emerse, mentre la destra si è opposta - ha commentato la vicepresidente del Senato e responsabile giustizia e diritti del Pd, Anna Rossomando -. Nonostante questo lo abbiamo comunque votato alla Camera e successivamente in commissione al Senato. Il nostro impegno è estendere e rafforzare l'equo compenso, tanto che si tratta di un punto specifico del programma del Pd. Noi eravamo pronti per questo e altri provvedimenti, come la delega fiscale, l'ergastolo ostativo, la legge sul "Mai più bambini in carcere" e il suicidio assistito. Non gridi dunque allo scandalo la parte politica che ha agito per mero e cinico calcolo elettorale interrompendo la legislatura mentre andavano a meta questi importanti provvedimenti». Insomma, in ballo ci sono proposte che vengono da più parti, compreso il dl aiuti, calendarizzato in Aula alla Camera giovedì, sul quale si tenta di trovare una quadra dopo gli scontri tra partiti, per evitare il rischio di mandare in fumo 17 miliardi di aiuti a famiglie e imprese. E sullo stop all’equo compenso nulla c’entrerebbero i tentativi del Pd di correggere il testo, specie per quanto riguarda le sanzioni per i professionisti che accettano compensi bassi. La posizione di Rossomando è simile a quella di Enrico Costa, vice segretario di Azione, che commenta le dichiarazioni rilasciate al Dubbio dal sottosegretario alla Giustizia, il forzista Francesco Paolo Sisto, che, pur dicendosi fiducioso sulla possibilità di portare a casa il provvedimento, ha respinto al mittente le accuse di chi addebita al centrodestra lo stop. «Questo è un provvedimento proposto da tre partiti, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega - aveva dichiarato -. Ascrivere a chi lo propone la responsabilità di non volerlo portare a termine mi sembra davvero un paradosso». Da parte nostra, ha spiegato Costa al Dubbio, «c’è la disponibilità a procedere, così come abbiamo fatto alla Camera. Ma è veramente sorprendente che un membro del governo e di un partito che ha fatto cadere il governo, ovvero Forza Italia, scarichi la responsabilità su altri. Dovrebbe fare un mea culpa e prendersela con il suo partito, invece vedo che scarica la responsabilità sparando a raffica. Penso che quando qualcuno è al governo debba avere quantomeno un profilo autocritico e una valutazione neutra delle responsabilità politiche che hanno determinato cose come questa. Abbiamo membri di governo che fanno parte di partiti che hanno votato contro il governo e rimangono lì come se niente fosse e in più criticano gli altri, cioè quelli che avrebbero voluto tenere in piedi il governo, ritenendoli responsabili dei ritardi. Se c’è una responsabilità è ovvio che dipende dal fatto che si è deciso di dire basta al governo Draghi per ragioni di mero tornaconto elettorale. Per quel che ci riguarda il sostegno al provvedimento rimane - ha aggiunto - , ma è evidente che siamo in articulo mortis e siamo alla fine della legislatura. Non so quali margini ci siano, ma quelli che si preoccupano oggi ci dovevano pensare prima di fare lo sgambetto al premier, su questo e su molte altre cose». Rispedisce al mittente le accuse anche il M5S, secondo cui il ddl è ormai da ritenersi morto e sepolto. E duro è il j’accuse di Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia alla Camera. «L’affossamento della legge sull’equo compenso per i liberi professionisti è l’ennesima pagina amara prodotta da alcune forze politiche - ha spiegato al Dubbio -. La responsabilità è di tutti coloro che hanno tenuto più a mettere la propria bandierina su questo come su altri testi piuttosto che approvarli nell’interesse dei cittadini: il centrodestra non è innocente affatto, come pretende Sisto, è sempre stato dentro questo giochetto e adesso questo modo di agire lo pagano i professionisti».