«Giù le mani dai professionisti: non possono finire vittime di una lite elettorale. Il tono energico è necessario ed è rivolto ai partiti: rispetto alla legge sull’equo compenso, i piccoli veti incrociati hanno prevalso sulla vera priorità, l’interesse dei professionisti appunto, a cominciare dagli avvocati. È chiaro che adesso i margini sono ridottissimi, ma visto che c’è un rinvio a martedì 13 per il decreto Aiuti-bis, riteniamo sarebbe doveroso compiere un estremo tentativo per portare in Aula al Senato anche l’equo compenso». Maria Masi, presidente del Cnf, condensa le sensazioni che prevalgono in queste ore tra gli avvocati: sconcerto per lo scadimento di una politica che pensa a se stessa anziché alla tutela dei cittadini, e attesa per verificare se ci sarà un riscatto. «Un ravvedimento operoso, potremmo dire», osserva Masi. «Sarebbe il caso di ricordare che quella legge riguarda l’equità nella remunerazione dei professionisti rispetto a contraenti che rischiano di sovrastarli: c’è in gioco davvero un principio di giustizia. Ed è chiaro che la legge in sospeso al Senato è perfettibile, ma sarebbe certamente un passo avanti rispetto alla disciplina attuale. Eviterebbe fa l’altro il seguente paradosso. È prossimo alla pubblicazione in Gazzetta il decreto che aggiorna i parametri forensi, e che introduce tutele nuove per gli avvocati, come l’indicizzazione al 5% e le tariffe orarie. Il Cnf è soddisfatto nel vedere accolte le indicazioni trasmesse alla ministra della Giustizia. Ma rischieremmo di trovarci con giudici che, grazie ai nuovi parametri, potranno assicurare alla professione un trattamento più giusto, e in una situazione di tutela non adeguata nei rapporti con la Pa e i committenti forti. Si eviti di confermare quel senso di abbandono che noi professionisti avvertiamo da troppo tempo». Ecco: abbandono. Egoistica conflittualità. Sono i vizi che l’intera avvocatura scorge nel naufragio dell’equo compenso. Dice Antonino Galletti, presidente del Coa di Roma: «Spero che non si sia voluto affossare il provvedimento perché il primo firmatario era Giorgia Meloni: sarebbe assurdo che logiche politiche, tipiche del periodo elettorale, condizionino l’approvazione di una norma tanto attesa che avrebbe rilanciato e contribuito a migliorare la qualità della professione forense». Il coordinatore di Ocf Sergio Paparo non nasconde l’amarezza: «Siamo molto delusi. I professionisti, e in particolare gli avvocati, attendevano questo provvedimento a garanzia delle loro giuste remunerazioni rispetto ai clienti forti. L’Ocf, insieme al Cnf e a tutte le associazioni forensi, si è speso tantissimo perché il Parlamento ne concludesse l’iter. Seppure con l’attenuante della sfortunata coincidenza dello scioglimento delle Camere proprio quando il ddl sarebbe dovuto approdare in Aula, questo flop si sarebbe dovuto evitare sottraendolo alle dinamiche proprie della campagna elettorale».«L'attività compiuta non può essere sprecata e non si deve rinviare alle calende greche una soluzione operativa efficace, che può essere definita in poche settimane: non possiamo perdere anche questa occasione», commenta Antonino La Lumia, presidente di Movimento forense. Di diverso avviso Giampaolo Di Marco, segretario generale dell’Anf: «Il ddl sull’equo compenso è un testo non ottimale, sicuramente perfettibile, e si riteneva fosse un’approvazione-bandiera senza che il Parlamento prestasse attenzione alle istanze che gli avvocati e i professionisti attendevano, in particolare le fasce più giovani. Avevamo espresso dubbi sulla bontà del testo», in particolare, continua Di Marco, perché «avrebbe introdotto delle norme che avrebbero finito per colpire i professionisti attraverso un regime sanzionatorio ancor più penalizzante per gli iscritti agli Ordini professionali». A proposito dei giovani avvocati, destinatari privilegiati delle norme, va segnalata l’amara ironia del presidente di Aiga Francesco Perchinunno: «Un sentito ringraziamento a quelle forze politiche responsabili che hanno deciso di mettere nel cassetto l’equo compenso». Ricorda come il provvedimento fosse «di prioritaria importanza. Aiga aveva il timore che il ddl Meloni, Mandelli Morrone, atteso dai professionisti italiani, venisse affossato. Tanti i nostri appelli per salvarlo, tutti caduti nel vuoto», aggiunge. «Un vuoto e uno smarrimento in cui sono abbandonati i professionisti. Auspichiamo che la nuova legislatura inizi con l’immediata approvazione di una legge di civiltà».