È in fondo un “residuo di legislatura”. Eppure mai forse nel passato recente si era verificato che il regime “a camere sciolte” fosse così intenso. Con la giustizia sugli scudi, seconda per quantità di interventi solo alle misure anticrisi. Oggi, nella commissione Giustizia del Senato, si è discusso del decreto attuativo della riforma civile. Non un passaggio pigro e svuotato di senso politico: il presidente Andrea Ostellari ha dovuto aggiornare alla prossima settimana la seduta per la formulazione del previsto parere parlamentare. Non c’è accordo fra i gruppi: il relatore Simone Pillon, senatore della Lega, ha depositato un documento con una serie di proposte. In particolare, suggerisce di chiedere al governo modifiche alle parti del decreto che riguardano sulle sezioni distaccate del Tribunale della famiglia. Forza Italia è d’accordo e anzi vorrebbe veder rafforzati quelli che, per Pillon, dovrebbero essere espressi dalla commissione come “inviti al governo”: secondo l’azzurro Giacomo Caliendo, le modifiche ipotizzate andrebbero poste come condizioni per considerare positivo il parere di Palazzo Madama. Pd contrario: Anna Rossomando, vicepresidente del Senato e responsabile Giustizia dem, ha «molte e radicate perplessità sulle proposte affacciate dal relatore», pur nel rispetto per la «mole» del lavoro che ha svolto. Non è certo la prima vota che la materia familiaristica catalizza le maggiori tensioni all’interno della riforma civile. Nelle prossime ore Pillon e gli altri senatori della commissione dovranno valutare un altro suggerimento al governo Draghi (che dovrà emanare il decreto civile in via definitiva, e che potrà anche non accogliere le richieste di Camera e Senato, com’è noto non vincolanti). L’ulteriore proposta di modifica proviene dall’avvocatura. In particolare da un Comitato costituitosi all’interno del mondo forense per ottenere «l’estensione agli avvocati delle funzioni oggi appannaggio dei soli notai». È un obiettivo ambizioso, ma che va disciplinato con equilibrio, considerata la specifica funzione che spetta ai notai. Il Comitato che si impegna per ottenere il riconoscimento è presieduto dall’avvocato milanese Pier Filippo Giuggioli, e intanto ha attivato «in tutta Italia», come si legge in un documento, «una raccolta delle firme telematiche in favore di una proposta di legge di iniziativa popolare» sulla materia. A inizio estate sono stati organizzati eventi con gli Ordini di Roma, Cassino e Bari, per fare in modo da «sensibilizzare gli avvocati e i praticanti» rispetto alla nuova opportunità. Ce n’è un altro in calendario per il 20 settembre, organizzato dall’Unione lombarda degli Ordini forensi, a cui interverranno fra gli altri i presidenti dei Coa di Milano e Brescia, Vinicio Nardo e Fausto Pelizzari. Ma, segnala ancora la nota del Comitato presieduto da Giuggioli, «non è sfuggito un singolare intervento governativo» contenuto proprio nel decreto sul civile di cui si è detto all’inizio. In particolare, «gli articoli 21, 22 e 23» del provvedimento attuativo prevedono sì di «assegnare talune funzioni oggi spettanti al giudice “ai notai e ad altri professionisti dotati di specifiche competenze”». Ma poi, segnalano i promotori, «i citati articoli si riferiscono solo ai notai, quasi sottintendendo che gli avvocati non possano essere annoverati tra i “professionisti dotati di specifiche competenze”». Gli ambiti di cui si tratta sono soprattutto quello «societario» e «immobiliare». Secondo il Comitato, «la scelta governativa sorprende non poco, perché disattende la legge delega e perché è notorio che gli unici interventi realmente deflattivi del contenzioso sono quelli che prevedono il più ampio coinvolgimento degli avvocati». Da qui la sollecitazione rivolta ai senatori della commissione Giustizia perché facciano proprie le richieste di modifica da apportare al decreto. Una moral suasion non semplice da trasformare in risultato concreto, ma che almeno potrà avere il pregio di suscitare interesse, nella professione forense, per una questione che non tutti conoscono in modo approfondito.