Professor Pasquino, crede che le differenze in politica estera tra Fratelli d’Italia e la Lega possano mettere in difficoltà la coalizione di centrodestra prima e dopo le elezioni?

La coalizione di centrodestra non parla con una voce sola. Ci sono due voci distinte più alcune pillole di un uomo anziano che sa come utilizzare la televisione. Da queste visioni non esce fuori uno schieramento compatto ma piuttosto diviso su alcune tematiche rivelanti, a cominciare dai rapporti con la Russia di Putin. E questo si riflette anche sull’idea di Ue che hanno i tre leader: Berlusconi è inchiodato ai vecchi slogan su garantismo, cristianesimo e liberalismo; Salvini non sa che pesci prendere ma segue i suoi consiglieri che gli dicono di schierarsi dalla parte di Putin; Giorgia Meloni si sente già al governo e si dichiara atlantista ed europeista. Staremo a vedere.

Non crede che queste differenze, pur evidenti, possano essere ricondotte verso il dialogo in caso di vittoria alle Politiche?

Il punto è che ci sono anche altre differenze, come ad esempio sulla problematica dei migranti. Su questo punto Meloni ha preso posizioni oltranziste e non condivisibili da tutti. Ma differenze ci sono anche sulla tassazione: una flat tax al 23 per cento è una cosa, una al 15 per cento è un'altra. E poi ricordiamoci che la tassazione, da Costituzione, deve essere progressiva.

Il problema principale che dovrà affrontare un eventuale governo di centrodestra è la crisi energetica: pensa che Meloni e Salvini troveranno una quadra su questo?

Da un lato credo che sia Salvini che Meloni sperino che il governo Draghi tolga le castagne dal fuoco. Cioè che si riesca a imporre il tetto al prezzo del gas e si arrivi a una politica comune a livello europeo. Potranno criticare l’operato del governo, ma questo consentirà loro di avere un compito meno difficile una volta vinte le elezioni; dall’altro, bisogna considerare che se Meloni è disponibile ad avere aiuti da parte dello Stato, una parte della constituency di Salvini pensa che sia il mercato a dover risolvere il problema.

Passando all’altro schieramento principale, crede che il Pd di Letta sia un po’ schiacciato a sinistra dal Movimento 5 Stelle di Conte e al centro dal terzo polo di Calenda e Renzi?

Intanto puntualizziamo il fatto che il Movimento 5 stelle è nettamente più avanti di Calenda e Renzi, che quindi sono il quarto polo, non il terzo. Tra l’altro, un polo dovrebbe avere capacità di attrazione per definizione, cosa che loro al momento non hanno. Dopodiché non corrisponde al vero la rappresentazione secondo cui Calenda e Renzi da un lato e Conte dall’altro stiano erodendo consenso al Pd. Lo dimostrano i sondaggi, secondo i quali i dem sono intorno al 22 per cento e sono in crescita. Il Pd potrebbe anche attestarsi come primo partito.

Come giudica la campagna elettorale di Calenda e Renzi, da un lato, e di Conte, dall’altro?

Renzi e Calenda stanno andando abbastanza male, addirittura Calenda ha dei colpi di sole, visto che propone governi di unità nazionale prima del voto. Ma stiamo scherzando? I voti prima si contano, poi si trasformano in seggi e infine si fanno i governi. Il Movimento 5 Stelle sta piano piano riprendendo quei voti che erano suoi fino a qualche anno fa e che poi aveva perso. Ora quegli elettori stanno tornando all’ovile grazie alla guida di Conte.

Ha parlato di sondaggi: crede che possa ripetersi quel che è accaduto, a volte, in passato, cioè che alcuni partiti siano sottostimati o sovrastimati?

È ovvio che i sondaggi non possono prevedere il voto finale perché vengono fatti fino a due settimane prima del voto e noi sappiamo che gran parte degli elettori decide come votare solo nelle ultime ore. Ma ci sono due sondaggisti che ritengo attendibili. Uno è Pagnoncelli, perché accumula dati da un lunghissimo periodo e il suo lavoro è ormai consolidato. L’altro, anche se deve ancora affermarsi, è Lorenzo Pregliasco di Youtrend. Guarda caso, entrambi danno il Pd attorno al 22 per cento.

Gli indecisi e gli astenuti sono in crescita e superano il 40 per cento. In che modo questa parte di elettorato potrà risultare decisiva?

Specifichiamo che c’è una parte di indecisi nel senso che andranno a votare ma non sanno ancora chi. Poi c’è un’altra parte che sono quelli indecisi sul fatto di andare o meno a votare. I cosiddetti astensionisti probabili. Bisogna vedere se negli ultimi giorni ci saranno proposte mobilitanti da parte di Pd e M5S. La destra ormai non ha più proposte mobilitanti, a meno che Berlusconi non tiri fuori il solito coniglio dal cilindro.

Crede dunque che ormai anche la base leghista del Nord abbia voltato le spalle a Salvini?

La Lega non ha più capacità di mobilitazione. Quello che Salvini deve sperare è di fermare l’erosione di elettori che stanno andando verso Fratelli d’Italia. Tremonti e Nordio sono uno lombardo e uno veneto e questo può servire a far crescere Fd’I. Tremonti era l’uomo più vicino alla Lega, e anche Nordio sembrava piuttosto vicino alla Lega, prima di essere candidato da Fd’I.

Nomi scelti da Meloni solo per attirare il voto leghista o anche come possibili ministri?

Figurarsi se Nordio e Tremonti non vogliano fare il ministro della Giustizia e dell’Economia. Certo poi bisognerà mettersi d’accordo con gli alleati...

Pensa che Meloni potrebbe rinunciare a palazzo Chigi, per fare spazio a una figura tecnica, magari vicino a Fd’I?

Giorgia Meloni sta facendo campagna elettorale come candidata alla carica di presente del Consiglio e può farsi confortare da quel che succede nel mondo. Basta guardare al Regno Unito, dove una donna è appena stata nominata primo ministro. Meloni è una donna che ha dimostrato di aver imparato delle cose, ha fatto il ministro, era nella stanza dei bottoni quando si prendevano le decisioni. Certo deve ancora imparare molto. Il comizio in Spagna è stata una scivolata pazzesca. Forse si è fatta trascinare dall’entusiasmo o dalla voglia di farsi accettare, non so, ma di sicuro deve “gongolare” un po’ meno. E deve prendere le distanze da Orban e dai polacchi. Detto questo, al momento è la candidata legittima a quella carica.

Come si muoverà Mario Draghi in queste ultime settimane, di fronte a tutto questo?

Dimentichiamo il principio in base al quale chi ha più voti deve avere più potere, per poi essere valutato in base a come lo utilizza. Draghi ha mostrato apprezzamento per Giorgia Meloni perché ha portato avanti un’opposizione coerente sulle cose da fare e da non fare. Certamente Draghi non è uomo di destra e preferirebbe un altro tipo di governo. Ma una sorta di pacificazione potrebbe avvenire nel 2024, quando Giorgia Meloni potrebbe designarlo come commissario europeo e magari lanciarlo verso la successione a Ursula von der Leyen.