Ufficialmente sono 59 le persone che, affidate allo Stato, si sono tolte la vita dall’inizio del 2022. L’ultimo suicidio, avvenuto cinque giorni fa, riguarda un giovane migrante pakistano ristretto al Centro di permanenza e rimpatrio di Gradisca d'Isonzo. Gli altri 58 suicidi riguardano il carcere. Oramai si è perso il conto dei decessi in carcere, tanto che il garante nazionale delle persone private della libertà, tramite un tweet, ha messo in luce questi dati, indicando che oltre a questi suicidi si aggiungono altri 10 decessi, dei quali deve ancora essere accertata la causa.

Morti in cella, la strage invisibile

Tra persone che si sono tolte la vita, quelle per “causa naturale” e quelle ancora da accertare, solo in questi primi otto mesi dall’inizio dell’anno nelle Patrie galere abbiamo raggiunto più di 110 morti. «Una mattanza che impone una riflessione a tutti i livelli, politici e istituzionali», ha chiosato il Garante. Sin dall’inizio dell’anno il fenomeno ha mostrato segni di preoccupante accelerazione, fino a raggiungere l’impressionante cifra di 15 suicidi nel solo mese di agosto, uno ogni due giorni. A fronte di questo dramma, l’associazione Antigone ha deciso di realizzare un dossier dove ripercorre i numeri, i luoghi e alcune delle storie delle persone che si sono tolte la vita in carcere. E questo, tiene a sottolineare Antigone, lo si è fatto per evitare che cadano nel dimenticatoio e per rompere il silenzio attorno a questo tema.

Il rapporto Antigone

Un dossier che Antigone ha messo a disposizione di giornalisti, politici, operatori del diritto, esponenti delle istituzioni, studiosi, attivisti, per costruire un senso comune diverso intorno alla pena e alle sue condizioni talvolta tragiche di esecuzione. Non sempre è facile avere informazioni sui suicidi avvenuti, sulle biografie delle persone che si sono tolte la vita. Antigone sottolinea quanto sia stata meritoria la scelta del Garante Nazionale di porsi come persona offesa in ogni caso di suicidio. Così come ringrazia la redazione di Ristretti Orizzonti che, tramite un dossier, aggiorna costantemente il numero dei decessi in carcere. Grazie al suo lavoro si è potuto fare un confronto con gli altri anni: emerge come non ci siano mai stati nei primi due terzi dell’anno tanti suicidi come nel 2022. Il numero più alto finora era quello del 2010, con 45 casi. Ma ben quattordici in meno rispetto ad oggi.I numeri di quest’anno, sottolinea Antigone nel dossier, «generano un vero e proprio allarme, non avendo precedenti negli ultimi anni. Non è facile trovare delle spiegazioni. Non è neanche facile trovare delle soluzioni. Di questo siamo consapevoli. Sappiamo anche che la vita carceraria è dura, genera sofferenza, esprime solitudini, produce desocializzazione e malattie. Va fatto tutto il possibile per modernizzarla, renderla più a misura di donna o uomo, per ridurre la distanza tra il dentro e il fuori». In carcere, calcola Antigone, ci si uccide 16 volte in più rispetto alla società esterna. Infatti, un importante indicatore è il tasso dei suicidi dentro e fuori il carcere. Nel dossier si osserva che oltre al numero in termini assoluti, un importante indicatore dell’ampiezza del fenomeno è il cosiddetto tasso di suicidi, ossia la relazione tra il numero di decessi e le persone detenute mediamente presenti nel corso dell’anno. Nel 2020 con 61 suicidi tale tasso era pari a 11 casi ogni 10.000 persone detenute, registrando il valore più alto dell’ultimo ventennio. Nel 2021, seppur in calo rispetto all’anno precedente, il tasso è restato particolarmente alto con 10,6 suicidi ogni 10.000 persone detenute. Antigone sottolinea che «seppur bisogna attendere la fine dell’anno per scoprire il tasso del 2022, considerato il numero di decessi già avvenuti, il valore sembra destinato a crescere rispetto al biennio precedente». A riprova della natura strutturale del fenomeno è il confronto con quanto accade fuori dagli istituti di pena. Con 0,67 casi di suicidi ogni 10.000 abitanti, l’Italia è in generale considerato un paese con un tasso di suicidi basso, uno tra i più bassi a livello europeo. Secondo l’ultimo report dell’OMS (Suicide Worldwide-2019), con dati relativi al 2019, il tasso di suicidi in Italia è pari a 0,67 ogni 10.000 persone, ben inferiore ad altre realtà europee come la Francia (1,38); la Germania (1,23); la Polonia (1,13); la Romania (0,97); la Spagna (0,77); e gli UK (0,79). Secondo gli ultimi dati del Consiglio d’Europa, l'Italia si colloca invece al decimo posto tra i paesi con il più alto tasso di suicidi in carcere.

Donne in carcere

Un dato molto rilevante è la questione femminile. Su 58 suicidi in carcere, quattro erano donne. Antigone osserva che è un numero particolarmente alto se consideriamo che la percentuale della popolazione detenuta femminile rappresenta solo il 4,2 per cento del totale. Ancora più impressionante se paragonato agli anni passati. Secondo i dati pubblicati dal Garante Nazionale, sia nel 2021 che nel 2020 soltanto una donna si era tolta la vita in carcere. Nel 2019 non si era verificato invece nessun caso di suicidio femminile. Altro dato è che l’età media delle persone che si sono tolte la vita è di 37 anni. La fascia più rappresentata è infatti quella tra i 30 e i 39 anni, con 21 casi di suicidi. Segue quella dei più giovani, con 16 casi di suicidi commessi da ragazzi con età comprese tra i 20 e i 29 anni. Vi sono poi 14 decessi di persone tra i 40 e i 49 anni e 8 decessi di persone dai 50 anni in su. I più giovani in assoluto erano due ragazzi di 21 anni, detenuti nelle Case Circondariali di Milano San Vittore e Ascoli Piceno. Il più anziano era un uomo di 70 anni detenuto nella Casa Circondariale Genova Marassi.

La storia di S.M, in cella per un furtarello

Il dossier di Antigone merita di essere letto per comprendere il fenomeno e scoprire che ogni storia è a sé. Ed è doloroso apprendere una storia (una delle tante che rende bene l’idea di una società che non riesce a prendersi a carico il disagio) che l’associazione ha raccolto tramite una testimonianza. Parliamo di S.M., un uomo di 44 anni, originario di Catania, che si era tolto la vita nel carcere di Caltagirone. Si trovava da pochi giorni all’interno dell’istituto per il furto di un telefonino e un portafoglio, sottratti al botteghino del Teatro Massimo Bellini e subito restituiti ai legittimi proprietari. Era un soggetto fragile, con vari disturbi mentali, aveva lo sguardo perso nel vuoto, un viso sofferente, e spesso non riusciva a comunicare in modo adeguato, ripetendo monologhi o frasi senza senso, talvolta appariva smarrito perché in stato confusionale, la sua igiene personale era inesistente e sembrava molto più grande dei suoi 44 anni. Talvolta veniva picchiato per divertimento dai bulli del quartiere, e si presentava in giro come una maschera di sangue. Tutto ciò viene testimoniato da una donna tramite una lettera inviata ad Antigone. Nella missiva, la signora racconta che a giugno scorso venne a conoscenza di un video che ancora oggi circola su tik tok, nel quale si vedeva lo stesso S.M. che dormiva in pigiama all'interno di un cassonetto dell'immondizia. Nella scuola dove la donna ha insegnato, nel cuore di S. Cristoforo, in tanti hanno segnalato la situazione. Lei stessa si è recata in questura e ha mostrato agli agenti il video, dicendo che il soggetto, che talvolta fa uso di alcool, potrebbe non svegliarsi durante la raccolta dei rifiuti, rischiando di essere schiacciato dal compattatore. Ma le è stato detto che gli stessi non potevano intervenire in quanto nel video non si configurava alcun reato. Così ha dato voce a vari amici e associazioni, ma la situazione è rimasta immutata. Poi ha appreso la tragica notizia. L’uomo si era tolto la vita in carcere.