Tutti contro Placido Domingo, dai sindacati dei musicisti alle femministe di Non una di meno, per ragioni diverse, ma con la stessa intensa determinazione. In scena all’Arena Verona con la Turandot, il tenore spagnolo è stato preso di mira dall’incredibile contestazione degli orchestrali che sono rimasti seduti durante gli applausi a fine esibizione. Mai visto prima. «Non è più all’altezza della sua fama», sostengono in un imbarazzante comunicato a firma Slc-Cgil che critica la performance mediocre dell’artista, lo scarso impegno nelle prove e l’approssimazione dello spettacolo. «Ci siamo sentiti umiliati!», spiegano. Con grande senso del tempismo su Domingo si sono scagliate anche le femministe, bacchettando il neosindaco Damiano Tommasi (che è anche presidente dell’ente lirico) per averlo invitato al Gala dell’Arena. Tra il 2019 e il 2020 Domingo è stato accusato di molestie sessuali da alcune donne ed è indagato per la presunta affiliazione a una setta argentina responsabile della tratta di giovani ragazze. Il fatto che nessun tribunale lo abbia ancora ritenuto colpevole delle accuse che gli sono rivolte sembra un fastidioso dettaglio: «Lungi dal voler condannare chicchessia prima della conclusione delle indagini , siamo costernate per questa scelta incomprensibile e grottesca», si legge nella lettera che Non una di meno ha scritto all’amministrazione scaligera. “Lungi dal voler condannare” è la sofisticata versione in chiave giustizialista del sempreverde “non sono razzista ma...”, ovvero una premessa ipocrita e farisaica che serve a colpire il mostro di turno e a consumare l’ennesimo processo mediatico a furor di popolo. Se non altro la sinistra dei diritti sociali e del lavoro e quella progressista dei diritti civili si ritrovano per un giorno fianco a fianco, nel nome dell’ umiliante crociata contro un signore di 81 anni che forse non canterà più bene come una volta, ma che resta innocente fino a prova contraria.