Un po’ dissonanti. Come minimo. Prendete Carlo Nordio. Confrontatelo con Andrea Delmastro, responsabile Giustizia di Fratelli d’Italia. Parlano lingue diverse. Il primo basa la propria ricetta non solo sul ripristino dell’immunità parlamentare, ma anche su un sistema penale più agile, per esempio sulla riparazione dei danni connessi al reato: «Oggi se uno imbratta i muri rischia sei mesi, ma il giudice gli dà la condizionale e tutto finisce lì, invece», dice Nordio, «quel condannato non deve andare in prigione, ma pulire le strade per un anno». Molto americano. Delmastro viceversa dichiara al Corriere della Sera edizione Torino di oggi quanto segue: «Bisogna smetterla con il garantismo!». Come se in Italia non fossimo stati travolti negli ultimi anni da leggi assurde sulla prescrizione e continui insensati innalzamenti di pena. L’avvocato e parlamentare di FdI prosegue: «Non ci devono essere più fughe dai processi e pene con misure alternative», bisognerebbe piuttosto «costruire nuove carceri». Perché appunto chi è condannato deve andare in galera e basta. Dulcis in fundo: «Gli agenti penitenziari devono avere il taser». Vengono spontanee molte domande. La prima: qual è il vero volto di FdI nel campo della giustizia? Il garantismo innovatore di Nordio o l’oscurantismo penale di Delmastro? Sembra un doppio binario, proprio nel senso delle rette parallele che non possono incontrarsi. Altro interrogativo: Delmastro intende buttare a mare quel poco che Marta Cartabia, assediata da una maggioranza poliforme, è riuscita a far passare in materia di misure alternative, pene pecuniarie e giustizia riparativa? La riforma penale e il successivo decreto costituiscono piccoli passi avanti, persino controversi in qualche venatura ritenuta un po’ “paternalistica” da alcuni studiosi e avvocati, come è stato sostenuto sul Dubbio. E però, un dietrofront su quel minimo di apertura sarebbe devastante, anche come segnale ai detenuti pigiati nelle carceri pollaio. Delmastro descrive una controriforma cupa, un po’ inquietante. Nordio cosa c’entra con tutto questo? Ecco, c’è un’ulteriore domanda suggerita dalle parole di Delmastro. E cioè, se per caso l’ex procuratore aggiunto di Venezia che Giorgia Meloni ha voluto candidare alla Camera non rischi di diventare un uomo-immagine rassicurante ma un po’ ingannevole, rispetto agli obiettivi reali del partito. Con parole più crude dovremmo dire: Nordio rischia di essere una foglia di fico, per Fratelli d’Italia. Una figura autorevole che impreziosisce la superficie ma non cambia la sostanza. Non sarebbe il massimo. E non solo in termini di correttezza nei confronti degli elettori, ma anche sul piano degli equilibri interni alla coalizione. Forza Italia è un partito schiettamente garantista. Sarà minoritario, ormai, ma non è immaginabile governarci insieme e farle passare sopra la testa una giustizia legge, ordine, manette e restaurazione. Persino la Lega rischia di essere messa a disagio da un programma sulla giustizia incorniciato con il mantra «basta garantismo», come fa Delmastro. Si tratterebbe di assurdi passi indietro rispetto a quanto la stessa Lega ha contribuito a fare nella legislatura giunta al capolinea. E oltretutto proprio in un settore, quello dell’esecuzione penale e del carcere, in cui di fatto molti dei progetti di Cartabia sono rimasti nel cassetto, a cominciare dalle soluzioni per la vivibilità proposte dalla commissione Ruotolo. Nordio propone l’inappellabilità delle assoluzioni. Delmastro dice che per tutelare gli agenti bisogna dar loro il taser. Come se fosse uno strumento ordinario di gestione dei detenuti. Anche Cartabia, è vero, ha avviato una sperimentazione di quello strumento. E anche Delmastro parla di «protocolli chiari» che dovrebbero suggerire alla polizia penitenziaria se e quando ricorrere alla scossa elettrica. Ma è il tono spiccio, sbrigativo, che colpisce, nel responsabile Giustizia di FdI. È chiaro che tutto il centrodestra dovrà fare i conti con una certa ambivalenza, sulla giustizia. Vale per il dualismo fra Nordio e la leghista Giulia Bongiorno, così distanti sull’ipotesi dell’immunità parlamentare ma anche sulla depenalizzazione, che emoziona poco il Carroccio. C’è, nella stessa Lega che sul referendum è sembrata smarcarsi dal modello legge e ordine riproposto da Delmastro, la pretesa di una sintesi fra garantismo e ansie securitarie che continua a convincere poco. Jacopo Morrone, sottosegretario leghista alla Giustizia con Alfonso Bonafede, dice per esempio: «Siamo garantisti fino in fondo e sosteniamo la certezza della pena, due posizioni assolutamente complementari: è la stragrande maggioranza degli italiani a chiedere che la pena sia certa e che serva effettivamente a rieducare chi si sia macchiato di un delitto al di là di ogni dubbio». A lasciare perplessi è l’impressione che dietro quella «certezza della pena» si nasconda una visione ancora un po’ carcerocentrica, diffidente nei confronti delle misure alternative che, come dice Delmastro, rappresenterebbero una «fuga» dall’unica pena ritenuta credibile, evidentemente, cioè la reclusone in cella. Se davvero dovesse prevalere uno spirito così claustrofobico, Nordio finirà per ridursi davvero a un ingannevole paravento. Ma è giusto credere che, invece, il pm illuminato e innovatore aiuti Fratelli d’Italia ad aprirsi a un orizzonte diverso. Forse più consono a una forza politica che aspira a rappresentare almeno un quarto della popolazione italiana.