Traguardo sempre più vicino per la revisione dei parametri forensi. L’ultima tappa impegnerà la Corte dei Conti: esaminerà il decreto ministeriale, firmato dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, contenente gli aggiornamenti e le integrazioni delle tabelle e i criteri per liquidare i compensi in favore degli avvocati. Il decreto ministeriale, che apporta modifiche al d.m. n. 55 del 2014, dopo la proposta del Consiglio nazionale forense, ha ricevuto nei mesi scorsi il parere favorevole delle commissioni Giustizia di Camera e Senato. «Accogliamo con grande favore – dice Francesco Greco, vicepresidente del Consiglio nazionale forense - la notizia relativa alla revisione dei parametri forensi. Il Cnf aveva concluso già da parecchio tempo tutta l’attività, in sinergia con il ministero della Giustizia. Abbiamo seguito passo dopo passo l’iter amministrativo-burocratico, che ha interessato anche il Consiglio di Stato, il Mef e le competenti commissioni parlamentari. Aspettavamo quest’ultimo provvedimento del ministero della Giustizia, che finalmente è arrivato. L’avvocatura istituzionale ha raccolto con puntualità il parere di tutti gli Ordini, a seguito di un interpello, prendendo pure in considerazione le sollecitazioni del ministero della Giustizia in quanto sembrava che l’approvazione dei nuovi parametri fosse legata all’erogazione dei fondi del Pnrr». Nel decreto ministeriale i compensi verranno aumentati del 5%. Trovano spazio, inoltre, i compensi a tempo, che potranno variare da un minimo di duecento euro ad un massimo di cinquecento euro per ciascuna ora o frazione di ora superiore ai trenta minuti. Su questo punto il numero due di via del Governo Vecchio fa alcune precisazioni. «Il compenso a tempo – afferma Francesco Greco – non è una novità che viene approvata oggi. Era previsto già dalla legge forense. Inoltre, si tratta di un elemento che sarà oggetto di negoziazione tra l’avvocato ed il cliente. Aiuterà a colmare tante lacune che i precedenti parametri presentavano. Se l’avvocato partecipava con il proprio cliente all’assemblea di una società, alla riunione di un condominio o lo accompagnava dal notaio per svariati motivi, non c’era alcun parametro di riferimento non svolgendosi alcuna attività giudiziale. Oggi le cose sono cambiate grazie alla presenza del parametro che indica il compenso a tempo, minimo e massimo, in relazione al tipo di attività che si andrà a fare. Secondo me, questa è una importante opportunità che copre un vuoto. Infine, non dimentichiamo un altro passaggio contenuto nel recente d.m. Adesso il giudice per non applicare i parametri dovrà espressamente motivare il provvedimento che adotta, perché altrimenti il suo provvedimento sarà in violazione del decreto ministeriale. I parametri non li inventano e non li scrivono gli avvocati». Sono tre le fasi (attivazione, negoziazione e conciliazione) che contraddistinguono le tabelle per mediazione e negoziazione. Per la conciliazione si assiste ad un incremento superiore al 30% dei valori di riferimento contenuti nel decreto ministeriale numero 55 del 2014. In caso di accordo, l’incremento dei compensi per le prime due fasi aumenta del 30%.  «Temo che l’inflazione galoppante – commenta l’avvocato Greco -, che, purtroppo, sta caratterizzando in negativo tutta l’economia, avrebbe meritato qualche riflessione ed attenzione in più. Un altro passaggio importante su cui si attende l’impegno del Governo verso il Parlamento è poi l’equo compenso. Si tratta di un tema fondamentale, di civiltà giuridica, che da sempre gli avvocati guardano con grande attenzione. Non si può consentire che la Pubblica amministrazione sperequi sull’attività degli avvocati. Il ministero della Giustizia approva e pubblica dei parametri. È inconcepibile che la Pa e gli organi dei ministeri non rispettino i parametri che il ministero della Giustizia approva e ritiene congrui in relazione all’attività dell’avvocato. Non si capisce perché, quando i parametri vengono applicati dal giudice a carico della parte soccombente, vanno applicati. Quando una Pa, una banca o altre società danno un incarico ad un avvocato, non debbono attenersi ai parametri stabiliti per legge. Ci attendiamo pertanto che la questione dell’equo compenso venga risolta una volta per tutte». Un’ultima riflessione il vicepresidente del Cnf la dedica alla mancanza di giudici nei tribunali. «In relazione – conclude - alle dichiarazioni rilasciate dal vicepresidente del Csm, David Ermini, il Cnf è ancora più preoccupato del Consiglio superiore della magistratura, considerato che siamo noi avvocati a rapportarci maggiormente con i cittadini sulla efficienza della giustizia. Per la prima volta il Csm, e accolgo con favore questa presa di posizione, ha parlato di efficienza della giurisdizione. Ora finalmente questo diventa un tema di riflessione. Chiederemo pertanto al prossimo Parlamento un impegno concreto. In Italia non può passare l’idea che la giustizia va male perché mancano i giudici. Non è tollerabile che ciò accada».